Non ho costruito, ancora, una chiesa. Ne ho progettate alcune.
Una – ipogea – ipotizzando che il dialogo tra sottoterra e luce zenitale potesse generare nuove prospettive e visioni. Una – a partire dal rosario – credendo che forse più dai grani della preghiera che dalla morte/croce di Gesù’ si potesse attingere.
Una librata da terra come una nuvola…
EMERGENZA
Il tema della chiesa provvisoria a seguito di catastrofi come il terremoto non avevo avuto modo di affrontarlo. E’ un tema che mette a nudo ( in crisi?) il senso stesso della chiesa e di cosa vuol dire intervenire in un momento così drammatico come lo è il terremoto. Durante una emergenza “la forma/funzione” può restare indenne?
SACRO e PROFANO
Il termine “sacro” deriva dal termine latino arcaico sakros rinvenuto sul Lapis Niger e sancisce una alterità, un essere “altro” e diverso rispetto all’ordinario, al comune, al profano.
Profano è il resto: ciò che sta fuori dal tempio.
TEMPIO
La chiesa è sempre stata un tempio: taglia una porzione di spazio e lo dedica, consacrandolo al culto di Dio. Credo che sia corretto affermare che le chiese sono dei templi perché esprimono questa caratteristica, di essere uno spazio sacro dal quale gli usi mondani/profani sono“tagliati fuori”. “Esprimere la sacralità di un edificio è l’espressione magniloquente della sua alterità rispetto ai circostanti edifici”.
Ma come si può’ essere magniloquenti, distaccati e “alteri” rispetto alle macerie?
SPUGNA
Ha senso che la cultura – misericordia – cristiana costruisca una chiesa provvisoria, in attesa che si ricostruiscano quelle distrutte, come se nulla fosse?
Ha senso progettare delle chiese e calarle dall’alto senza rispettare la storia, il contesto e soprattutto il momento contingente?
Solamente rispondendo alla forma del corpo di Cristo e alla esigenze e funzioni della liturgia. Credo di no. La chiesa dopo un cataclisma deve accogliere e dare l’esempio: deve essere una spugna: assorbire, condividere, “includere” il mondo, le macerie all’intorno.
Il corpo al quale dedicarsi e ispirarsi è il corpo della popolazione crocefissa dal terremoto e della materia distrutta. In tempo di “pace” la Chiesa ha costruito chiese che giustamente hanno replicato/variato se stesse (la tradizione è la sua forza: non tradire il passato). In tempo di guerra, di emergenza , di pronto soccorso – in attesa che si restaurino e ricostruiscano i capolavori del passato andati distrutti – occorre una nuova strategia.
CHIESE DA CAMPO
«Io vedo con chiarezza – dice Papa Bergoglio – che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia”. Cosi appunto il Papa parlando della Chiesa, così credo possa valere per “l’edificio chiesa”, in particolare modo dopo una tragedia come il terremoto. Ecco perché quando mi son stati sottoposti tre casi di chiese in paesi terremotati delle Marche ho creduto giusto progettare tre “chiese soccorso”, tre “chiese da campo”.
Per aiutare a curare le ferite. E per pregare.
EFFIMERO
Quando si costruisce si costruisce anche in funzione della durata.
L’edificio sacro in quasi tutte le culture è sempre stato connesso con l’idea di permanenza in contrapposizione alla fragilità, provvisorietà e transitorietà della esperienza e vita umana: il tempio sacro doveva resistere, essere perenne (eterno?).
Voces vuole esplicitare anche il suo pensiero sul tema della durata. Una chiesa provvisoria ed effimera, deve riflettere anche su questo e forse spinge più in là la sua tensione. Sapendo che la sua vita è breve.
CHIESA e VOCE
Chiesa deriva dal greco e significa assemblea.
A monte sta il verbo ἐκκαλέω, che significa “mando a chiamare”: un verbo che ha che fare con la parola, la voce. Questo progetto l’ho denominato nel suo insieme VOCES, proprio perché mi sembrava volesse non chiamare ma cogliere le voci – le grida! – di aiuto – delle persone colpite.
In queste pagine propongo un triplice progetto di “chiese da campo”: una chiesa testuggine/riparo (Camerino), una chiesa recinto/schermo (Visso), una chiesa stampella/steccobenda (Arquata del Tronto), … Tutte chiese di cucitura, di rammendo, di sutura.
Quasi bende o garze per impedire il dissanguamento.
Attilio Stocchi
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