Don Valerio Pennasso
Direttore Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici
e la Nuova Edilizia di Culto della CEI
Valorizzare il patrimonio è un tema estremamente attuale nel contesto culturale ed economico. Il tema viene affrontato nelle diverse sfaccettature a seconda dei contesti.
Il tempo della pandemia specialmente ci si avvicina al tema dal punto di vista del management dei beni culturali o dell’ingegneria culturale, che sviluppa gli aspetti degli investimenti economici, quali l’utilizzo commerciale delle immagini.
La dimensione economica è sicuramente importante, specialmente nel contesto attuale in cui a causa della pandemia, molte realtà culturali hanno subito mancati introiti economici e pagato scelte drastiche di chiusura temporanea anche per lungi periodi e in alcuni casi anche definitiva.
Il tempo del covid evidenzia tutte le fragilità che fino a ieri erano latenti o sommerse.
Fa emergere le motivazioni sostanziali degli investimenti in cultura: perché in diocesi ho bisogno di tenere aperto il museo, l’archivio e la biblioteca? Perché restauro le opere d’arte? Perché tengo aperte le chiese e promuovo percorsi di visita e culturali? Perché favorisco la creazione di arte contemporanea?
Quando vengono a prosciugarsi le risorse economiche rimangono a galla solo le iniziative e le attività essenziali, quelle che garantiscono il raggiungimento dei fini istituzionali e sono fondamentali alla missione.
Si comprende in questo modo quanto la cultura e il patrimonio culturale nelle sue diverse articolazioni sia parte essenziale della pastorale delle nostre istituzioni ecclesiali, delle parrocchie e delle diocesi, o piuttosto sia un “lusso” di cui si può fare a meno.
Consapevolezza
Le diocesi e molte comunità religiose utilizzano i fondi dell’8xmille per mantenere aperti i propri istituti culturali. Ogni anno 170 diocesi promuovono attività per i musei. ogni anno oltre 340 progetti vengono presentati per biblioteche e 250 archivi.
Si tratta di progetti che prevedono investimenti per oltre 9,6 milioni di euro attraverso le risorse dell’8xmille, ma sicuramente innescano altre partecipazioni e ulteriori investimenti. A questi si aggiungono una quarantina di progetti di valorizzazione e promozione realizzati da associazioni di volontariato e del terzo settore per oltre 500.000 euro.
Si intravedono crescere, specialmente negli ultimi anni, progettualità articolate e integrate fra diversi istituti e in collaborazione con associazioni e realtà economiche e sociali.
Siamo alla ricerca di buone pratiche che aiutino ad elaborare progetti culturali coerenti con i piani pastorali delle comunità cristiane e in sintonia con le dinamiche sociali e le politiche culturali dei beni in quel particolare luogo.
La consapevolezza è che il processo di condivisione e di partecipazione, di coinvolgimento delle istituzioni culturali sia fondamentale quasi più del prodotto che ne scaturirà, perché il vero dialogo si realizza proprio nel “fare insieme qualcosa”.
Si tratta di progettare con le persone e le comunità, quelle di territorio e di vicinato, quelle che vivono il patrimonio culturale, rendendole protagoniste e non solo destinatarie.
La cultura della cura
Conoscere il patrimonio, la sua consistenza, la sua composizione e soprattutto la condizione in cui si trova, il suo utilizzo effettivo e il legame ancora esistente con il territorio di riferimento, aiuta a superare la logica gestionale dei beni, intesi come responsabilità, motivo di spese e il conseguente “peso” che ne deriva.
Per migliorare la gestione patrimoniale è indispensabile conoscerlo, descriverlo e non solo elencarlo. Occorre essere capaci di rappresentarlo a partire dalle motivazioni: perché lo fai?
La modalità di raccolta dei dati e la loro esposizione fa la differenza.
I beni oltre ad avere una consistenza materica e storica rappresentano una dimensione dinamica di valore, sono la memoria viva ed operativa delle persone e delle comunità. Costituiscono il paesaggio nel quale le persone si riconoscono, di cui fanno parte e contribuisce alla realizzazione della casa comune.
La cultura della cura ci spinge a una visione più ampia nell’utilizzo dei beni: il bene comune. Proprio nei paesaggi culturali in cui vivono le persone è possibile applicare quei principi della promozione della dignità e dei diritti della persona, il perseguimento del bene comune attraverso la solidarietà nel contesto della salvaguardia del creato.
I beni culturali rappresentano così una opportunità e uno strumento efficace per la pastorale, luoghi di incontro e di dialogo, occasioni stabili di confronto e di crescita, risposta efficace alle aspettative delle persone: una vita bella, armoniosa, libera e solidale capace di uno sguardo di speranza.