S.Ecc. Mons. Calogero Marino
Il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo chiede coraggio nel ripensare la forma Ecclesiae. Un ripensamento che chiede discernimento attento e partecipazione convinta di tutte le sensibilità e di tutte le competenze.
E’ l’istanza sinodale sulla quale insiste Papa Francesco e che spero riuscirà ad animare nei prossimi anni il cammino della Chiesa di Savona, che celebrerà nel biennio 2021-2022 il suo II Sinodo diocesano, dal titolo evocativo: “Chiesa di Savona, prendi il largo, confidando…”.
Come scrivevo nella mia prima lettera pastorale, del 2017: “tutto andrà ripensato e magari cambiato negli anni del nostro Sinodo, ma il fuoco dovrà essere custodito, per noi e per chi verrà dopo di noi”. Nova et vetera, verrebbe da dire…A 360 gradi, perché questo ripensamento dovrà toccare anche l’edilizia di culto e l’uso delle nostre chiese e delle Opere parrocchiali.
Perchè condivido il sogno di Francesco: “una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione” (EG 27).
Forma Ecclesiae, sinodalità, uso delle chiese…A camminare con speditezza ci sta costringendo anche questa terribile pandemia. Ed è stata per me, in questi mesi, ragione di gioia e di responsabilità essere stato cercato dalla ASL e da alcune scuole, che mi chiedevano la disponibilità di chiese o altri locali per le vaccinazioni o altre prestazioni sanitarie, o magari per un collegio docenti. E il Seminario, nei mesi più duri, ha ospitato persone senza fissa dimora che, vivendo per strada, non potevano, evidentemente, osservare pienamente le norme sanitarie.
Mi pare che anche così si configuri quella Chiesa “ospedale da campo” tanto cara al Papa: “preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze” (EG 49).
In questo ripensamento della Chiesa e dei nostri luoghi di culto, occorrerà procedere sinodalmente e senza semplificazioni, nella logica dell’et-et, piuttosto che delle alternative secche: nella logica evangelica della integrazione.
Non ci aiuterà “la pura contrapposizione degli opposti che vorrebbe evitare la difficoltà che sempre accompagna ogni processo di integrazione” (Recalcati); ci aiuterà invece la fatica della sinodalità che fin dagli inizi ha sempre accompagnato i momenti più fecondi della vita della Chiesa, che vorrei sognare come “rete di relazioni fraterne fondate sul vangelo” (Martini).
Il sogno di Papa Giovanni e del Concilio è davanti a noi, e perché quel sogno diventi sempre più realtà ciascuno a chiamato a spendersi, lì dove vive.