Guala Bicchieri in Italia e in Europa
Guala Bicchieri, cardinale vercellese di grande valore culturale e spirituale, lascia un segno indelebile nella storia medioevale locale ed europea.
La sua azione pastorale e diplomatica, anticipata da importanti studi civili e giuridici, che è avviata come canonico della cattedra di sant’Eusebio di Vercelli, la più antica dell’attuale area piemontese, prosegue con le varie legazioni richieste da papa Innocenzo III e poi da papa Gregorio IX, che lo individuano come persona particolarmente adatta a compiere un ruolo rivelatosi poi fondamentale per la storia. Sarà, all’inizio del XIII secolo, legato pontificio in diverse missioni nei territori che oggi riconosciamo come italiani e nel nord Europa.
Guala in Inghilterra: la Magna Charta
In Inghilterra, in particolare, si troverà ad affrontare la difficile situazione politica ereditata dal piccolo re Enrico III che, a soli nove anni, dopo la prematura morte del padre, re Giovanni detto il “Senzaterra”, è regnante sotto la tutela di Guglielmo il Maresciallo e di Guala Bicchieri.
A seguito della azioni dei baroni ribelli, sostenuti anche dalla monarchia francese, Guala si pone come mediatore e giunge ad una soluzione diplomatica che si realizza nella redazione di due successive e significative versioni della Magna Charta del 1215, respinta da papa Innocenzo III: la versione del 1216 e quella appena successiva del 1217; quest’ultima è la prima ed essere definita “Magna”, entrambi i documenti sono siglati con i sigilli di Guglielmo il Maresciallo e di Guala.
La pace tra monarchia e nobiltà
Il valore giuridico ed ecclesiale contenuto in questo documento è di grande portata culturale e sociale: il fatto di aver portato la “pace” tra la monarchia inglese e la nobiltà ribelle, attraverso delle considerazioni moderne dove la persona è individuata per la sua dignità umana e l’universalità del diritto sono riconosciuti come presupporti fondamentali per lo sviluppo dell’umanità.
La costruzione di una chiesa a Vercelli: Sant’Andrea
Guala Bicchieri, come fine diplomatico, riesce in un intento fondamentale anche per la Chiesa: ristabilire il senso dell’unione e la condivisione delle attività civili. Il suo grande impegno viene ricompensato con le ingenti rendite della chiesa di Saint Andrew a Chesterton (Cambridge) e, da buon sacerdote, ritiene utile investirli nella costruzione di una grande e bella chiesa a servizio della gente della sua città e della sua diocesi: Vercelli. In questo luogo, tra il 1219 e il 1227 circa, fa realizzare un particolare e originale edificio che sarà una delle più significative abbazie cistercensi italiane in stile gotico, nuova architettura osservata nei suoi viaggi nell’area di Parigi e Londra, luoghi dove si stava diffondendo il nuovo stile, diverso da quello tradizionale romanico.
Sant’Andrea, un segno ecclesiastico rimasto quasi integro nei secoli, giunge agli ottocento anni dalla posa della prima pietra, dove le pietre sono ancora vive di cristianità e preghiera grazie alle comunità religiose che la conducono nella quotidianità fin dalle origini, in memoria di un’azione che possiamo definire non solo diplomatica e culturale, ma anche sociale e pastorale.
La Chiesa come luogo di condivisione culturale
La Chiesa vince sulla discordia e porta la serenità, normata da giuste regole, tra gli uomini di Dio. Il distacco, i conflitti e le disuguaglianze non portano a una germinazione positiva del bene e del bello.
Attraverso la cultura e la bellezza, chiavi di lettura della mostra attualmente in corso, curata dall’ufficio beni culturali diocesano e dall’Università del Piemonte Orientale, in segno di condivisione culturale e sotto la regia del Comune di Vercelli, attuale proprietario dell’abbazia di Sant’Andrea, si è voluto rievocare il valore del giusto e del diritto alla libertà, sottoposta a regole di comunità.
Poter osservare e leggere i contenuti della “Magna Charta”datata 1217, di proprietà del capitolo della cattedrale di Hereford, a Vercelli (nella ex chiesa di san Marco, ora prestigioso luogo che ospita “ARCA” nel rinnovato spazio interno) è segno di grande valorizzazione del nostro territorio, in uno dei suoi momenti di acme culturale, come testimoniano i prestiti della biblioteca diocesana Agnesiana e dell’Archivio Storico diocesano, di fratellanza e unione dei popoli attraverso scritti, manufatti ed opere pittoriche che riconducono direttamente o indirettamente al nostro grande cardinale.
S.Ecc. Mons. Marco Arnolfo
Arcivescovo metropolita di Vercelli