Il progetto di adeguamento liturgico della Chiesa del Santissimo nome di Gesù all’Argentina- ROMA
Le nostre architetture sono il luogo della vita, l’architettura è lo spazio della vita e la vita ha esigenze sempre nuove e diverse: proprio questo spazio deve cercare di adeguarsi, di conformarsi e di plasmarsi per soddisfare tali esigenze.
Anche l’edificio Chiesa, in quanto spazio sacro, storico e architettonico ben riconoscibile, ha avuto la necessità di trasformarsi nel tempo in conseguenza alle nuove esigenze dettate dalla società, alle influenze stilistiche e al pensiero teologico di un determinato periodo storico.
In virtù dell’unicità e del valore storico e culturale dei manufatti su cui si deve intervenire, le cui bellezze sono spesso frutto di eventi che nel corso delle diverse epoche storiche ne hanno definito le peculiarità, il tema della tutela è particolarmente sentito e complesso: la ricerca di quel punto d’equilibro, non facile da trovarsi, fra conservazione di quei valori che sono fondamento della nostra cultura e identità da preservare e tramandare, e quella necessità di trasformazione che serve a mantenere vivi i nostri edifici storici.
Il progetto realizzato nella Chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina è stato indirizzato dalla volontà di offrire una risposta equilibrata e coerente alle nuove esigenze liturgiche richieste dalla committenza, rappresentata in questo caso da padre Massimo Marelli (rettore della chiesa), mantenendo saldo l’obiettivo di non interferire negativamente e permanentemente con le preesistenze e con la storia dell’edificio.
Attraverso la progettazione sono state pensate forme architettoniche atte ad esprimere contenuti che riflettono la visione ecclesiale, si è cercato di trovare una soluzione spaziale congrua alle esigenze liturgiche.
Ogni elemento diventa parte integrante di un’unica composizione che trova fulcro nell’altare. Lo spazio è strutturato in modo da disporre i fedeli alla riunione liturgica e, allo stesso tempo, al raccoglimento religioso.
L’adeguamento è pensato per garantire l’attiva partecipazione dei fedeli, i poli sono visibili e comprensibili.
Un vincolo posto dal committente è stato quello di recuperare l’altare, l’ambone e la sede progettati qualche anno fa da mons. Daniele Libanori. Con il progetto di adeguamento si è quindi cercato di strutturare i diversi luoghi per la celebrazione, ciascuno di questi luoghi deve la sua identità al fatto che è «luogo» liturgico ed è iconograficamente integrabile.
Il progetto non inventa lo schema delle strutture che è stato elaborato, giacché questo emerge dalle esigenze rituali. Si è cercato di infondere bellezza al componimento spaziale per conferire all’azione liturgica la necessaria sacralità attraverso cui sperimentare l’ineffabile divino.
Per ogni luogo liturgico è stata realizzata, così come autorizzata e concordata con Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, una pedana a più gradini, caratterizzata da un legno nobile come il rovere massello dello spessore di 3 cm e da intarsi in marmo Giallo di Siena. Il rovere con la sua tonalità color miele si inserisce bene nel contesto architettonico caratterizzato da lesene di marmi gialli che vengono ulteriormente richiamati dall’intarsio in marmo giallo di Siena.
Le nuove pedane sono completamente reversibili, non ancorate al pavimento e isolate da esso attraverso piedini di materiale plastico.
Le dimensioni dell’aula, dell’altare barocco e dell’altare post conciliare hanno suggerito di introdurre un elemento che ribadisse e sottolineasse il centro focale dell’aula e orientasse il turista, il fedele, chiunque entra, a cogliere la preminenza dell’altare, come polo culmine del percorso eucaristico dell’edificio Chiesa.
Tale elemento, che sottolinea e riporta l’attenzione sia durante il rito che fuori di esso sul ruolo centrale dell’altare, è una grande Corona in metallo sorretta da catene.
Essa riesce a svolgere questa funzione, nonostante sia posizionata ad un’altezza tale da non interferire con la pala d’altare retrostante, perché con la sua presenza riesce ad interrompe visivamente la prospettiva del fruitore che, senza di essa, culminerebbe nella parte focale e terminale dell’aula, quindi nell’altare preconciliare e nella pala d’altare.
L’architettura, che da luogo diventa azione, è frutto di un lavoro sinergico con Padre Giuseppe Midili, che ha curato il progetto dal punto di vista liturgico ed ha spiegato come la corona, oltre alla funzione architettonica di spostare il fuoco prospettico e simbolico sul nuovo polo liturgico, esprima e richiami anche una forte dimensione escatologica.
Sulla corona è incisa una citazione del libro dell’Apocalisse (Ap 22, 7-20):
Τὸ πνεῦμα καὶ ἡ νύμφη λέγουσιν· Ἔρχου· καὶ ὁ ἀκούων εἰπάτω· Ἔρχου·. Λέγει ὁ μαρτυρῶν ταῦτα· Ναί· ἔρχομαι ταχύ. Ἀμήν· ἔρχου, κύριε Ἰησοῦ. (Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!”. Colui che attesta queste cose dice: “Sì, verrò presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù).
Dalla corona pende sulla mensa la croce glorificata, dorata e gemmata con 5 piaghe glorificate, simboleggiate per mezzo di paste vitree rosse.
Tale croce dorata, splendente, luminosa è segno della presenza glorificata di Cristo che ha sofferto, ma è risuscitato ed è presente e si comunica alla Chiesa ogni volta che si celebra l’Eucarestia.
La croce glorificata è innalzata da terra, riprendendo il celebre sintagma di Gesù: “quando sarò innalzato attirerò tutti a me”, ed è eterno memoriale che esprime ciò che Cristo ha sofferto per noi. Essa significa che mediante il sacramento dell’altare noi partecipiamo della grazia che ci viene dalla morte e risurrezione del Messia, ma esprime anche che dall’Eucaristia noi abbiamo accesso alla patria del cielo, accesso che ci è stato aperto per mezzo della croce, cioè della morte del Figlio e della sua risurrezione.
Le catene che sorreggono la corona sono composte da cerchi tenuti insieme da croci. Il cerchio esprime la perfezione divina e l’eternità a cui si accede mediante la croce di Cristo.
In Cristo l’eternità si apre al cronos, Gesù si incarna in un tempo, così la catena che regge la croce ha anelli aperti, che partono dalla corona, perché attraverso l’incarnazione la salvezza entra nella storia e la dimensione temporale entra nel vissuto divino di Gesù Cristo – G. Midili, L’adeguamento dell’aula liturgica, I fondamenti teologici (14 giugno 2022).
Chiesa del Santissimo nome di Gesù all’Argentina- ROMA
Committente: Rettoria Chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina
Rettore: padre Massimo Marelli
Progetto architettonico: Ing. Arch. Marco Riso
Prgogetto liturgico: Prof. Giuseppe Midili O.Carm.
Poli liturgici: recupero poli liturgici progettati da S.E. mons. Daniele Libanori
I lavori sono stati eseguiti da:
Pronto intervento restauro pavimento: MESART s.r.l.s. – dott.ssa Stella Mitri
Fornitura pedane, falegnameria: Francesco Schiavone
Realizzazione corona: Equilibrarte srl
Realizzazione catena per corona: Nuova Alcom s.r.l.
Realizzazione croce gemmata: Arte Cialone di Cialone Giuseppe
Restauro pala d’altare: Restauratrice Claudia Damassa
Nuovi corpi illuminanti: Pianetaufficio s.r.l.
Arch. Marco Riso, Ingegnere edile – architetto, parallelamente all’attività professionale, svolta soprattutto nel settore dell’architettura cultuale, è docente al Master in Progettazione degli Edifici per il Culto della Facoltà di Architettura della Sapienza e docente al Corso di Alta Formazione in Architettura e Arti per la Liturgia del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Dello Stesso corso è membro dell’equipe di coordinamento.
Padre Giuseppe Midili, carmelitano, direttore dell’Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma, docente di Liturgia presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo e la Pontificia Università Gregoriana, consultore dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.