UFFIZI DIFFUSI: LA MADONNA DEL BALDACCHINO DI RAFFAELLO TORNA A PESCIA PER LA PRIMA VOLTA DOPO TRECENTO ANNI ‘IN TRASFERTA’ DA PALAZZO PITTI AL DUOMO DELLA CITTA’ TOSCANA
cortesia di Don Francesco Gaddini,
ufficio BCE Diocesi di Pescia
La grande pala realizzata dall’Urbinate nei primi anni del Cinquecento fu acquisita dopo la sua morte dall’amico Baldassarre Turini: rimase nella chiesa fino alla fine del Seicento, quando Ferdinando de’ Medici la volle di nuovo nella sua reggia
Grazie a un progetto speciale messo in campo dalle Gallerie insieme alla locale Diocesi e alla Fondazione Caript, da domani alla fine di luglio il celebre dipinto sarà di nuovo esposto nel luogo di culto che lo accolse per oltre centocinquant’anni
Uffizi diffusi, la Madonna del Baldacchino, grande pala d’altare realizzata da Raffaello alla fine del suo periodo fiorentino e ordinariamente esposta nella Galleria Palatina in Palazzo Pitti, da Firenze è tornata a Pescia, nella chiesa che l’aveva accolta per oltre un secolo e mezzo tra Cinquecento e Seicento.
Dal 7 maggio al 30 luglio l’opera è in mostra nella Cattedrale della città toscana, posta a confronto con la copia commissionata al pittore fiorentino Pier Dandini, alla fine del XVII secolo, proprio per sostituirla al momento del suo ritorno a Firenze.
Dopo oltre trecentoventi anni, dunque, la Madonna del Baldacchino si riaffaccia per la prima volta a Pescia. L’evento, di portata storica, è il risultato di un progetto speciale messo in atto nell’ambito del programma degli Uffizi Diffusi; a sostenere l’ambiziosa operazione è la Fondazione Caript.
In vista della sua ‘trasferta’, la Madonna del Baldacchino è stata sottoposta a un leggerissimo intervento di consolidamento nella porzione più alta del supporto ligneo e ad accurate indagini diagnostiche da parte dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze che ne hanno determinato lo stato di salute. Il responso degli specialisti ha stabilito che l’opera sta bene, può essere spostata a Pescia ed essere esposta in Duomo senza problemi.
UN PO’ DI STORIA
Realizzata da Raffaello tra il 1506 e il 1508 su commissione della famiglia Dei, la grande pala era stata concepita per la Chiesa di Santo Spirito a Firenze, dove però non andò mai. Ne venne in possesso, non molti anni dopo, il suo amico ed esecutore testamentario Baldassarre Turini (1481-1543), alto prelato della Santa Sede nel primo Cinquecento nonché esponente di spicco della comunità pesciatina. Arrivato nella città della Valdinievole, il dipinto fu posto in Duomo, sull’altare della cappella-mausoleo dei Turini che lo stesso Baldassarre aveva fatto erigere tra gli anni ’30 e ’40 del XVI secolo anche per accogliere degnamente la pala dell’Urbinate. La Madonna del Baldacchino vi rimase per un secolo e mezzo, fino al 1697: in quell’anno fu acquistata dal Gran Principe Ferdinando de’ Medici, che la riportò a Firenze nella reggia di Palazzo Pitti, sua attuale sede, dove è esposta tra i capolavori della Galleria Palatina. Nel Duomo di Pescia fu collocata la copia dipinta da Pier Dandini: anche questo dipinto è stato nei mesi scorsi sottoposto a controllo e restauro, in preparazione alla mostra che lo vede ora a confronto con l’originale di Raffaello.
Il vescovo di Pescia monsignor Roberto Filippini: “La possibilità di contemplare il capolavoro di Raffaello nella sua collocazione originale, accanto alla raffinata copia settecentesca del Dandini sarà occasione per molti di ripercorrere un arco di storia dell’arte fra i più suggestivi e fecondi e di poterlo situare in una avventura architettonica religiosa di straordinario interesse quale la Cattedrale di Pescia, nel suo divenire, dalla Pieve Romanica agli adeguamenti delle diverse epoche, fino ad oggi. Per la Chiesa pesciatina inoltre la contemplazione della Pala dell’Urbinate, permetterà di tornare ancora sulle proprie origini, e quasi di prolungare quel Giubileo del suo cinquecentenario, bruscamente interrotto dalla pandemia. L’esposizione della Madonna del Baldacchino infine potrà offrire un ulteriore motivo per riconsiderare l’importanza della via della bellezza nell’esperienza del trascendente”.
Il direttore delle Gallerie Uffizi Eike Schmidt: “Il criterio principale del progetto “Uffizi diffusi” è la ricostruzione del tessuto storico e delle vicende artistiche nei vari centri in cui si espongono le opere. Certamente portare la Madonna del Baldacchino di Raffaello a Pescia è un’operazione di peso eccezionale, che non solo vuole ricordare l’arredo originale del Duomo ma per giunta mette in risalto anche la figura di un pesciatino importante quale fu Baldassarre Turini”.
Il presidente della Fondazione Caript Lorenzo Zogheri: “Abbiamo voluto questo progetto non soltanto per il suo rilievo culturale ma anche perché è una bella opportunità per valorizzare Pescia e la Valdinievole, dando l’occasione a chi visiterà la mostra di conoscerne e apprezzarne il grande patrimonio artistico, storico e naturalistico. Si tratta, dunque, di un’iniziativa che si inserisce in un percorso di altri interventi nei quali abbiniamo il tema della cultura a quello dello sviluppo dei territori”.
COME VISITARE L’ESPOSIZIONE
La mostra sarà accessibile, a partire dal 7 maggio, tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00. Per motivi di sicurezza, l’ingresso alla Cappella Turini sarà consentito ad un massimo di 20 persone ogni 20 minuti. La prenotazione è quindi consigliata e può essere effettuata accedendo al sito www.madonnadelbaldacchino.it a partire dal 7 maggio. Il costo del biglietto intero è di 12 euro; gratuito per i bambini fino a 13 anni; ridotto di 9 euro per gruppi composti da ameno 15 persone, ragazzi dai 14 ai 25 anni, residenti nei comuni della Diocesi di Pescia, possessori di un biglietto di ingresso dei musei aderenti al Sistema Museale Pistoiese. A partire dall’11 maggio, con il biglietto d’ingresso, sarà possibile visitare anche il Museo Civico di Palazzo Galeotti, la Gipsoteca Libero Andreotti e la chiesa di Sant’Antonio Abate, aperti dal lunedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 15.00 alle 19.00. Per informazioni inviare una mail a info@madonnadelbaldacchino.it.
PESCIA CITTA’ D’ARTE
Testimonianza di Antonella Ranaldi
“Pescia città d’arte” vede il ritorno della Madonna del Baldacchino di Raffaello con trepidazione e orgoglio. Dopo oltre tre secoli, la straordinaria pala torna nella cappella Turini in cattedrale, dove possiamo ammirarla oggi, anche se solo per la durata della mostra. Si tratta di un evento eccezionale, un’operazione che evoca un preciso significato storico e artistico legato sia a Raffaello sia al suo committente quel Baldassarre Turini che volle omaggiare la sua città natale di un’opera così importante che solo un papa poteva permettersi. Legatissimo ai due papi Medici, Leone X e poi Clemente VII, veniva da una famiglia di mecenati. Volle emulare i papi in fatto d’arte, sebbene la sua posizione gli imponeva di non potere rivaleggiare con loro. Dal papa era stato anche nominato magister viarium, cioè Baldassarre Turini era una sorta di Soprintendente, simile ai soprintendenti di oggi, che sovraintendeva all’attività edilizia nella città di Roma, e per questo era in contatto con i maggiori artisti come Leonardo, Raffaello e Giulio Romano. Proprio da Giulio Romano si fece costruire la sua villa sul Gianicolo, non troppo grande ma dalla cui loggia si gode una vista strepitosa, mozzafiato. Quindi Raffaello si eccezionalmente torna a Pescia, ma questo ritorno ci permette anche di ricordare l’illustre Cittadino e mecenate di Pescia grazie al quale la cittadina poteva essere orgogliosa di possedere un’opera del maggiore artista in voga in quegli anni, e non solo di quegli anni.
L’attesa del ‘ritorno’ era una sorta di chimera da quel 1697, quando il Gran Principe Ferdinando portò la pala d’altare di Raffaello dalla cappella Turini alle sfarzose sale di Palazzo Pitti a Firenze. Il ritorno è stato possibile grazie ad Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi e alla sinergia che si è creata intorno a questo evento che ha visto partecipe la Soprintendenza nell’allestimento presso la cattedrale e nel restauro della copia della Madonna del Baldacchino realizzata da Pier Francesco Dandini, una dote significativa per la futura fruizione della cappella da parte di fedeli e visitatori.
Esprimo quindi la mia gratitudine a quanti hanno reso possibile tutto ciò ed in particolare a alla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia per il generoso sostegno a questa operazione. Grazie
Testimonianza di Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
per la città Metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
La Madonna del Baldacchino di Raffaello
SCHEDA STORICO-ARTISTICA
Raffaello Sanzio
Madonna del Baldacchino
1506-1508
Olio su tela
cm 248×216 (dimensioni originali della tavola) – cm 280×216 (con l’ampliamento del 1697)
Questa pala è l’unica, ad oggi nota, fra quelle di grandi dimensioni e di destinazione pubblica appartenenti al periodo fiorentino di Raffaello. Della sua storia sappiamo molto grazie alla testimonianza di Giorgio Vasari che ricorda come Raffaello avesse ricevuto la commissione del dipinto dalla famiglia Dei, titolare di una cappella nella chiesa di fiorentina di Santo Spirito. Chiamato a Roma nell’autunno del 1508 da papa Giulio II che gli affidò la decorazione dei suo appartamenti in Vaticano (oggi noti universalmente come Stanze di Raffaello), l’Urbinate lasciò incompiuta la pala per i Dei che dunque non raggiunse mai la chiesa e fu rimpiazzata nel 1522 dalla Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino, anch’essa oggi esposta nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Dopo la morte di Raffaello (o forse anche prima), la Madonna del Baldacchino fu acquistata da Baldassarre Turini, potente segretario di Leone X e datario apostolico, grande amico di Raffaello di cui fu pure esecutore testamentario, rampollo di una delle famiglie più in vista di Pescia, che la destinò alla cappella della sua famiglia nella Cattedrale della sua città natale. Qui rimase fino al 1697, anno nel quale fu comprata dal Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III ed erede al trono granducale. La vendita scatenò violente reazioni da parte dei pesciatini, profondamente legati al culto della Vergine e al quadro di Raffaello, tanto che fu necessario spostarla di notte per poterla trasportare a Firenze, sostituendola con una copia eseguita dal fiorentino Pier Dandini. Giunta a Palazzo Pitti, la pala fu appesa nell’appartamento di Ferdinando, nell’ala meridionale del primo piano. Per adattarla al contesto della collezione principesca e alla cornice lignea intagliata e dorata che ancora possiede, la pittura fu ampliata nella parte superiore dal pittore di corte Niccolò Cassana; si spiegano così il coronamento del baldacchino a forma di cono e la calotta a lacunari che ricalca quella del Pantheon a Roma. L’invenzione di Raffaello è una delle sue più memorabili per l’armonia delle figure, la delicatezza delle espressioni e la capacità di costruzione dello spazio, arioso e monumentale ma al tempo stesso misuratissimo, elementi che provano quanto Raffaello padroneggiasse con autonomia i modelli appresi a Firenze da Fra Bartolomeo, Leonardo e Michelangelo. Il restauro compiuto nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure tra il 1987 e il 1991, e le recenti indagini effettuate dallo stesso istituto in occasione della iniziativa di Uffizi Diffusi hanno stabilito che la pittura ha gradi diversi di avanzamento nell’esecuzione, ma in nessun punto è del tutto completa, confermando così l’antica testimonianza vasariana.