Fenomeni di sottoutilizzo, dismissione e nuovo uso del patrimonio religioso sono recentemente diventati oggetto di approfondimenti da parte delle istituzioni ecclesiastiche, ma anche da parte dei centri di ricerca che stanno sviluppando studi e strategie di gestione di tale fenomeno.
A latere del Convegno “Dio non abita più qui?”(https://www.chiesaoggi.com/dio-non-abita-piu-qui/ ) (Roma, 29-30 Novembre 2018) presentato nel numero 110/2019 di Chiesa Oggi, è stata bandita una call for poster and paper, organizzata dal Pontificio Consiglio per la Cultura, l’Ufficio Nazionale per i Beni Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto, La Pontificia Università Gregoriana e coordinato dal Responsible Risk Resilience Centre (R3C) del Politecnico di Torino, che mirava a raccogliere progetti di ricerca di architettura e pianificazione a scala regionale al fine di informare gli enti ecclesiastici sulle attuali ricerche nel campo e condividere le esperienze nazionali e internazionali.
I contributi selezionati dal comitato scientifico internazionale sono stati quindici, provenienti da nove differenti paesi. Gli elaborati affrontano il fenomeno secondo differenti approcci:
• Analisi a scala vasta che considerano i problemi di gestione e supporto alla decisione in un quadro interpretativo di dinamiche sociali, culturali e pastorali.
• Sviluppo di metodologie a sostegno dei processi decisionali riguardanti il riutilizzo, la rigenerazione e la rivitalizzazione del patrimonio.
• Questioni teoriche sul significato del riuso del patrimonio considerando la relazione con la dimensione ecclesiale del coinvolgimento della comunità locale.
Le linee di interpretazione delle diverse esperienze pervenute, e di prossima pubblicazione, evidenziano alcuni aspetti comuni quali la generale tendenza a un riuso di tipo culturale (teatri, biblioteche, sala conferenze) o di tipo assistenziale.
In generale risultano però di fondamentale importanza gli inventari preliminari dei beni attraverso sistemi di mappatura, di censimento e di catalogazione, al fine di ponderare le decisioni attraverso un approccio di scala più vasta, e la necessità di ipotizzare usi misti non solo per le chiese ma anche per i locali annessi o i complessi parrocchiali che possono essere rifunzionalizzati con maggiore flessibilità. Infine, la necessità di figure professionali esterne e formate alla gestione di queste dinamiche, sicuramente complesse, ma che premono sull’agenda delle priorità.
Giulia De Lucia è architetto, PhD. Laureata al Politecnico di Milano, è dottorata in Beni Architettonici e Paesaggistici al Politecnico di Torino. Attualmente assegnista di ricerca presso il Responsible Risk Resilience (R3C) del Politecnico di Torino conduce ricerche sui temi dell’architettura religiosa, e sui beni culturali ecclesiastici soggetti a rischio. Giulia.delucia@polito.it