Patrimonio artistico e religioso nel PNRR – L’impegno della Chiesa in Italia
S. E. Mons. Stefano Russo
Da sempre la Chiesa si impegna a custodire, come un dono prezioso, il patrimonio culturale e storico che nei secoli ha ricevuto. Un patrimonio composto da beni mobili, come opere d’arte, oggetti sacri e preziosi, tessuti, libri, pergamene, organi a canne… e immobili, come edifici di culto e musei ecclesiastici.
Un imponente lavoro di conoscenza e catalogazione è stato svolto dalle comunità diocesane e dagli enti ecclesiastici supportati dai competenti uffici della CEI, lavoro che continua e che ad oggi ha censito e documentato in Italia circa 4 milioni di beni storici ed artistici, più di 60.000 beni architettonici, oltre 7 milioni di beni librari, più di 200.000 beni archivistici e circa 2.000 Istituti culturali ecclesiastici.
Da questi numeri emerge un primo aspetto della natura dell’impegno della Chiesa: la conoscenza. Il rinnovato impegno delle comunità cristiane nel custodire, tutelare e valorizzare questo patrimonio ne sta favorendo la conoscenza diffusa anche attraverso l’utilizzo consapevole delle moderne tecnologie.
La responsabilità e l’impegno della Chiesa non si fermano, naturalmente, alla conoscenza del patrimonio culturale. Di questo patrimonio la Chiesa si prende cura.
Il patrimonio culturale storico e artistico è frutto del cammino di fede e del sacrificio di tanti uomini e donne realizzato per la missione della Chiesa. Proprio in quest’ottica, la Chiesa vuole continuare ad impegnarsi a essere buona amministratrice dei doni ricevuti, in consonanza con la sua missione e a servizio del bene comune.
Quindi: conoscenza, cura, dono, missione.
Come ha recentemente ricordato Papa Francesco: «La Chiesa nel corso dei secoli ha sempre operato per promuovere quanto frutto del genio e della maestria degli artisti, spesso testimonianza di esperienze di fede e quali strumenti per dare onore a Dio. Questo non solo per amore dell’arte, ma anche per salvaguardare il patrimonio culturale di fronte a sfide e a pericoli che l’avrebbero privato della sua funzione e del suo pregio. Tale speciale responsabilità, accompagnata dall’attenta sollecitudine nel considerare luoghi, edifici e opere espressioni dello spirito umano e parte integrante della cultura dell’umanità, ha consentito … di tramandarli alle diverse generazioni e di adoperarsi per conservarli e renderli disponibili a visitatori e studiosi» (Francesco, Lettera del Santo Padre Francesco al Cardinale Vicario per la Diocesi di Roma per la valorizzazione culturale del Palazzo Lateranense, 16 marzo 2021).
La stagione che si apre – lo vediamo – è condizionata da circostanze straordinarie: le conseguenze, non ancora chiare, dei conflitti vicini; gli esiti della pandemia che ancora oggi ci preoccupano. Queste circostanze non frenano la creatività, ma stimolano soluzioni “audaci”, come ha spesso richiamato Papa Francesco: «invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile» (Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, n. 33).
In un tale contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (“PNRR”) costituisce un terreno fertile, un laboratorio di creatività, per far fronte alle nuove e diverse sfide del tempo. Lo sforzo dell’Unione Europea per rilanciare la crescita, gli investimenti e le riforme è considerevole e riguarda numerosi temi che costituiscono l’agenda per i prossimi anni.
Il PNRR prevede, anzitutto, investimenti direttamente riferiti all’esperienza religiosa e di culto. Le linee di investimento sulla messa in sicurezza sismica dei luoghi di culto e sul Giubileo 2025 riconoscono, da una parte, l’importanza dell’esperienza religiosa come fattore essenziale della vita dell’individuo e della collettività e, nel contempo, la necessità della tutela e della messa in sicurezza di una parte fondamentale del patrimonio artistico e culturale italiano.
In un’analoga prospettiva, il PNRR riconosce il ruolo delle realtà ecclesiali in quanto istituzioni culturali o responsabili di beni storici o di valore artistico. È il caso degli investimenti per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche, e archivi, così da consentire un più ampio accesso e partecipazione alla cultura. In questa prospettiva, le realtà ecclesiali si sentono interpellate a mettersi “in rete” con il territorio di riferimento, così da essere fattore propositivo di collaborazione nella rigenerazione di ambiti sociali e culturali.
Da ultimo, il binomio cultura-turismo, valorizzato dal PNRR riguarda anche il patrimonio artistico e culturale di origine religiosa. Costituisce un importante ambito di cura pastorale, ad esempio, l’accoglienza dei pellegrini. Nel tempo, la missione di molte realtà ecclesiali si è incarnata in attività di “turismo religioso”, facendo sorgere strutture di accoglienza che integrano l’esperienza turistica e la dimensione spirituale (per es.: case per ferie).
In quest’ottica, nell’attuazione degli investimenti dedicati alla valorizzazione delle attività turistiche, è importante che vengano considerate anche queste forme di accoglienza, che esprimono in modo profondo il legame fra cultura e turismo. Più in generale, pare utile richiamare l’attenzione alla fase di attuazione del PNRR, nella quale è importante vengano considerate – anche negli aspetti più operativi – le caratteristiche e le peculiarità delle realtà ecclesiastiche.
Come si usa dire, “il diavolo è nei dettagli”. Per esempio, bandi che subordinano la partecipazione all’iscrizione nel registro delle imprese sono destinati a “tagliar fuori” gli enti ecclesiastici, che al registro delle imprese non possono iscriversi. Meglio, quindi, considerare questi aspetti, per assicurare soluzioni ragionevoli ed equilibrate.
Vi è inoltre il rischio in generale di una visione spezzettata delle diverse realtà culturali ed ecclesiali fin qui elencate. Un edificio di culto non è solo porzione di un borgo; un museo non è solo un contenitore di opere da mostrare e rendere sempre meglio accessibili. Vi è una connessione intrinseca tra le chiese, gli oggetti in esse contenute ed il loro uso cultuale.
Vi è un legame inscindibile tra i beni culturali ecclesiastici e le comunità che li vivono, comunità che tuttavia in molti luoghi si stanno impoverendo non solo per la diminuzione del numero dei presbiteri ma per un crescente spopolamento dei paesi di alcune zone e di intere vallate.
Se non si destinano risorse e investimenti per le aree minori e quindi anche per il patrimonio ecclesiastico lì presente, congiuntamente ad una politica di incremento demografico, di servizi, di infrastrutture, di insediamenti lavorativi che favorisca anche la residenza in quelle aree, ci saranno ampie zone del nostro Paese che inevitabilmente scompariranno e con esse gran parte del “carattere” che fa dell’Italia un polo di attrazione per tutto il mondo.
La Chiesa guarda ai suoi beni come strumenti e fattori di crescita e di rigenerazione.
In questa prospettiva, l’impegno della Chiesa permane immutato e caratterizzato da un rinnovato desiderio di contribuire, collaborando in maniera proficua, con chi ha a cuore il bene comune. È, da sempre, l’invito di Papa Francesco: «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano» (Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, n. 24).
*foto tratte da google/immagini