S.E. Mons. Antonino Raspanti Vescovo di Acireale e Vicepresidente Conferenza Episcopale Italiana (CEI)
Continua nelle Diocesi italiane la curiosità e l’interesse per il modello del Parco Culturale Ecclesiale, allorché parecchie di esse si preparano a chiedere il riconoscimento della Conferenza Episcopale Italiana. Quest’ultima ha disegnato un quadro normativo entro il quale si progetti e agisca secondo precisi standard, sì da ricevere il riconoscimento ecclesiale, godendo nel contempo di un marchio che garantisce la qualità e aprendosi a future e più ampie collaborazioni tra le Diocesi.
Anche ad Acireale, seppur lentamente, si consolida e si sviluppa il Parco, avviato tre anni addietro, obbedendo anzitutto a una visione ecclesiale di esso e, inoltre, promuovendo la collaborazione di diversi settori della cura pastorale. Poiché il raggio d’azione si colloca in un ambito liminare tra il civile e l’ecclesiale (siti e monumenti, fruizione, turismo, agricoltura e lavoro, iniziativa d’impresa e così via), è necessario chiarire che il Parco è inequivocabilmente un agire della Chiesa nella sollecitudine pastorale per la comunità cristiana e nel contribuire al bene del territorio nel quale essa è situata.
Le domande e i dubbi ricorrenti, infatti, hanno riguardato primariamente il carattere ecclesiale delle varie iniziative, con la conseguente necessità di segnare un limite oltre il quale l’azione pastorale non debba spingersi. Ciò non implica, di certo, sottrarsi a proficue e legittime collaborazioni con i vari attori della società civile, ma è doveroso che oltre quel limite si lasci lo spazio sia alle iniziative private, anche strettamente commerciali, sia all’iniziativa propriamente pertinente dell’ente pubblico.
È stato gioco forza, pertanto, rinvenire sia un metodo di lavoro sia strumenti giuridici indispensabili per agire legittimamente, tenendo conto dei due ordinamenti giuridici che si intrecciano, il canonico e il civile.
Quanto al metodo, la nostra esperienza attesta una fatica che sembra iniziare a dare i frutti, la fatica di creare una vera equipe che comprende i direttori diocesani dei settori del Tempo Libero, Turismo e Sport, dei Beni Culturali, del Lavoro e Pastorale Sociale, della Caritas e della Scuola, come pure degli addetti al Policoro, aggiungendo consulenze professionali per progettare, analizzare e decidere continuamente insieme, secondo un metodo di lavoro tipico di ogni buona equipe.
È decisivo, in tempi di attivismo talvolta sterile, provare a far convergere nel Parco alcune attività già in atto, magari correggendo il tiro. Va da sé che diventi strategico aprire canali di collaborazione con gli enti pubblici e privati, con l’imprenditoria e con la scuola/università e altri attori del territorio; infatti spesso intraprendere direttamente alcune iniziative travalica l’azione pastorale, mentre è utile essere fermento, suscitare passioni, aprire orizzonti, creare collegamenti e sinergie, offrire formazione.
Diventa inoltre opportuno che un’entità giuridica duttile, adatta ad interagire nelle dinamiche della società civile e ben collegata con la struttura ecclesiale, possa dare corpo ai progetti approntati; qui è sembrato utile lo strumento della Fondazione (Città del Fanciullo. Acireale), che nel nostro caso esiste ed opera da tempo occupandosi principalmente di formazione, obiettivo conforme all’azione ecclesiale che desidera abilitare tante persone, soprattutto giovani, a nuove iniziative per vivere il Vangelo sociale, cioè la Dottrina Sociale della Chiesa.
Così si sono già realizzati dei progetti con le scuole e Università, con enti pubblici locali (dai Comuni alla Soprintendenza), con imprese e associazioni e, ovviamente, con tante parrocchie.