Architetto Caterina Parrello
Direttore Editoriale CHIESA OGGI
Il patrimonio culturale ha un valore universale per ciascuno di noi, per le comunità e per la società. E’ importante conoscerlo, conservarlo, viverlo e trasmetterlo alle generazioni future, impegnandosi a costruirne del nuovo.
Il valore dei beni non sta solo negli aspetti economici, artistici, materici e gestionali, ma nel significato identitario che questi possiedono in quanto rilevanti per l’uomo oggi.
Hanno necessità di essere conosciuti e riconosciuti come tali, perché le persone e le comunità possano ritrovare la propria storia e attraverso gli stessi beni creare delle reti di relazioni sui propri territori.
I beni ecclesiastici, nello specifico, offrono infinite potenzialità che vanno oltre il semplice termine delle azioni mirate alla “valorizzazione”, intesa come “tutte quelle attività qualificanti per potenziare la comunicazione del bene”.
Questo ricco patrimonio può offrici invece nuove visioni, nuove sfide, nuove opportunità, perché approfondendo la loro conoscenza e comprendendo meglio la loro gestione possiamo migliorare le condizioni di utilizzazione e fruizione del patrimonio stesso.
La valorizzazione di un territorio coinvolge la presenza di reti di relazioni fra diversi attori sociali e culturali. Dare impulso a un territorio vuol dire lavorare su valori condivisi, sulle ricerche di nuove forme “narrative”, esaltare gli elementi caratterizzanti dell’identità, offrire esperienze sensoriali nuove e coinvolgenti, e soprattutto garantire l’accesso alla conoscenza.
La strada è quella dell’integrazione sempre più intensa tra on site e on line. L’abbiamo sperimenta nel periodo di chiusura a causa del COVID. Per molti beni, luoghi, siti e istituti culturali sono stati prodotti molti contenuti digitali per continuare il rapporto con il pubblico, con la gente, non più intesa come “numero o biglietto”, ma come reale destinataria di un contenuto da offrire per rafforzare proprio la relazione vitale tra bene e persona.
Il digitale dei beni non serve più quindi solo a farne la pubblicità per attirare pubblico, ma diventa esso steso lo strumento con cui poter approfondire la conoscenza e continuare il collegamento con le persone e la comunità, in modo integrato e complementare che arricchisce l’esperienza di ogni interessato.
Il patrimonio culturale ecclesiale si è così implementato di diverse iniziative social e digitali che hanno contribuito a mettere in relazioni le singole esperienze territoriali con il panorama più ampio a carattere nazionale, facendo in modo che da tutte le esperienze raccolte dalle diocesi potessero nascere dei tavoli di lavoro e di confronto sulle tematiche della valorizzazione, dell’utilizzo del digitale e l’importante tema delle reti e dell’ascolto delle comunità.
L’azione di conoscenza diventa quindi presupposto primo per la fruizione del bene, e attraverso questo processo si ha il duplice risultato di aumentare la sensibilità da parte della collettività nel senso del bene comune e agire insieme anche per la tutela del bene e per garantire la sua continuità.
Occorre per questo guardare in modo costruttivo all’interazione con il mondo digitale, che costituisce un aspetto integrante del FARE e FRUIRE CULTURA.
Bisogna guardare con spirito costruttivo verso tutti i progetti che garantiscono libertà di utilizzo di immagini, di studio, di condivisione delle informazioni, salvaguardandone sempre gli aspetti di diritto, ma che riescono a offrirci possibilità infinite sulle effettive azioni di valorizzazione e conoscenza.
In questo scenario i tre termini Condividere, Raccontare, Comunicare assumono un significato complementare e una indicazione certa sul percorso da seguire e sui processi da attivare, mettendo in campo nuove strategie di informazione anche in assenza di pubblico presente, con uno sguardo a nuovi modelli di sviluppo da reinventare.
Beni culturali e comunicazione è un binomio ormai irrinunciabile, ma ancora non molto diffuso capillarmente. Prossima sfida è sicuramente quella di raccogliere tutta la bellezza del nostro patrimonio e renderla accessibile anche con il perdurare di forme di distanziamento sociale contro il contagio, aumentando e stimolando l’interesse e la voglia di conoscere e sapere.