Si è concluso il restauro della chiesa ipogea del San Sepolcro a Milano che ha restituito alla luce le antiche decorazioni. La cripta è rimasta, per più di un millennio di storia, intatta e inalterata. Dopo oltre mezzo secolo riapre un luogo magico, ricco di storia e bellezza
Antonella Ranaldi
Soprintendente Archeologia, BelleArti e Paesaggio di Milano
Il MiBAC recupera un’altra parte del firmamento artistico di Milano: l’antico cielo stellato della Chiesa ipogea di San Sepolcro è stato liberato dalle tinteggiature soprammesse che lo hanno tenuto nascosto sino ad oggi.
Dopo attente operazioni di rimozione delle ridipinture, che avevano appesantito le superfici e occultato le preziose pitture medioevali, sono tornati in luce: il ciclo decorativo a stelle ed elementi vegetali sulle volte del presbiterio, databile alla fine del Duecento, inoltre, tracce dell’antico velario che ornava le porzioni basamentali, insieme alle decorazioni architettoniche che marcavano con una ghiera a finti mattoni le arcate molto slanciate del presbiterio, delle navate e dell’endonartece. Anche i pregiati intonaci antichi sono ora visibili e impreziosiscono gli ambienti ipogei di cui si compone la chiesa.
I restauri iniziati nel 2018 (durati 13 mesi, aprile 2018 – maggio 2019) sono stati condotti dalla Soprintendenza di Milano con finanziamento di un milione di euro del Ministero per i Beni e le Attività culturali, con stazione appaltante il Segretariato regionale della Lombardia, in stretta collaborazione con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana.
Oltre al restauro delle superfici decorate e degli intonaci antichi con gli straordinari rinvenimenti e scoperte delle pitture medioevali, l’intervento ha riguardato l’impiantistica, studiata per assicurare condizioni ambientali stabili all’interno della cripta. La nuova illuminazione inoltre esalta gli spazi restituiti alla spiritualità propria di questo luogo, memoria del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
L’estesa superficie decorata a stelle, alternate a rosette, presente su tutte le volte del presbiterio, costituisce un importante motivo decorativo, ricorrente specialmente nelle architetture monastiche del XIII e XIV secolo, qui caratterizzato da una inedita freschezza, varietà e ricchezza di forme, che possiamo apprezzare nell’originalità del fatto che non sia stato toccato da restauri precedenti. I motivi decorativi sono tutt’altro che ripetitivi, le stelle fitomorfiche, con palmette e raggi a fiamma di candela, si espandono ad occupare lo spazio delle volte, mentre in altre zone si stendono in modo più regolare a tappeto.
Può dirsi che si scende in questi ambienti sotterranei a rimirar le stelle.
Questa grande chiesa ipogea del 1030, eretta sull’antico Foro di Mediolanum, nel vero centro e ombelico della città, è stata restaurata come una preziosa reliquia di cui preservare l’autenticità, l’antichità e la spiritualità.
Straordinariamente, la cripta conserva l’architettura dei primi decenni dell’anno mille (1030), ora valorizzata dal restauro compiuto dalla Soprintendenza. Costituiva il livello inferiore della chiesa, suddiviso in tre settori.
Anche l’Arcivescovo Carlo Borromeo era molto affezionato a questa chiesa, dove di notte amava ritirarsi in preghiera.
San Carlo descrive la chiesa con queste parole: in media civitate constructa, quasi Umbilicus iacet (= essendo stata costruita nel centro della città, ne è per così dire l’ombelico). Leonardo da Vinci conosceva molto bene la chiesa di San Sepolcro che rileva disegnandone le piante, l’alzato ed alcuni particolari.
Il termine Umbilicus – ombelico – utilizzato da Carlo Borromeo, esprime il vero senso della chiesa milanese di San Sepolcro, umbilicus della città, della quale è il centro fisico e spirituale, in analogia a Gerusalemme e all’Anastasis (per gli Occidentali la basilica del Santo Sepolcro nel luogo del sepolcro e della resurrezione di Cristo), umbilicus terrae, del cosmo intero.
Guardando in avanti, vorremmo a restauro oggi concluso, liberare finalmente la piazza antistante alla chiesa, occupata da troppe macchine, per farne in ricordo del Foro e della presenza di Leonardo e del Codice Atlantico presso l’Ambrosiana, un Foro Atlantico intorno alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana e alla chiesa di San Sepolcro, ombelico della città.
Il restauro è stato condotto da chi scrive (soprintendente Antonella Ranaldi) con i contributi di un Comitato Scientifico di prestigio di conoscitori della chiesa di San Sepolcro, composto da: la soprintendente Antonella Ranaldi; mons. Marco Ballarini, Prefetto dell’Ambrosiana; mons. Alberto Rocca, Direttore della Pinacoteca Ambrosiana; mons. Marco Navoni, dottore dell’Ambrosiana; prof. Carlo Bertelli; prof. Carlo Luigi Schiavi, Università di Pavia; prof. Andrea Spiriti, Università dell’Insubria.
LA CHIESA IPOGEA DEL SAN SEPOLCRO
testimonianza di S. Ecc. Mon. Mario Delpini,
Arcivescovo di Milano
«Si potrebbe dire che esiste una città esibita: una città delle vetrine, dei grattacieli, delle nuove soluzioni architettoniche. E c’è una città laboriosa, frenetica, produttiva, e poi, c’è anche una città nascosta, una cripta, un luogo segreto.
Alcuni sono portati a contrapporre queste tre categorie con cui si può descrivere la città: disprezzare il passato per esaltare l’audacia della scienza, della tecnica contemporanea, sentire fastidio per la frenesia e la fretta, oppure a esaltare il passato e a disprezzare quello che è il prodotto del nostro tempo. Invece, quest’oggi, mi pare che siamo invitati a provare simpatia: simpatia per il passato e gratitudine per la memoria, simpatia per l’attività produttiva e la capacità operativa, simpatia per lo slancio verso il futuro e per quell’apparire di forme nuove e di imprese coraggiose.
Ma al di là di questa simpatia, oggi siamo venuti qui a scoprire ciò che è nascosto, cioè a ritrovare la fiducia, quella stima di sé che caratterizza i milanesi, in un luogo dove si ricorda che il sepolcro non è la definitiva scomparsa della vita, ma è piuttosto come una culla della speranza. San Carlo veniva qui a pregare perché, davanti al sepolcro, ritrovava le ragioni per guardare con simpatia alla città che gli era affidata e al futuro di cui è stato seminatore.
E anch’io, molto più modestamente, sono qui a indicare a voi e a tutti coloro che verranno che questo luogo, dove vi è la radice della speranza, è promettente perché la città continui a essere viva, vivace, produttiva, forse anche un poco frenetica; e perché possa essere audace il suo sporgersi verso il futuro. Perciò concludo invocando la benedizione del Signore, quella certezza che Dio è alleato per il bene: il bene nostro, il bene di tutti coloro che abitano la città, di tutti coloro che verranno, in questa chiesa del Santo Sepolcro, a scoprire ciò che è nascosto: la radice della speranza».
I lavori di restauro – iniziati nell’aprile del 2018 e ultimati a maggio del 2019- hanno permesso di riportare la cripta agli antichi splendori, svelando straordinari affreschi rinvenimenti rimasti nascosti per secoli e di assicurare condizioni ambientali stabili all’interno della cripta, che è la più antica chiesa sotterranea di Milano, rimasta fino a poco tempo fa, off limits a cittadini e turisti.
È durato 13 mesi il restauro degli ambienti ipogei della Chiesa di San Sepolcro a Milano, che ha consentito di riportare alla luce il ciclo decorativo a stelle ed elementi vegetali sulle volte del presbiterio, che risale alla fine del Duecento. Gli interventi di recupero, realizzati dalla Soprintendenza del capoluogo lombardo, sono stati eseguiti grazie a un finanziamento di 1 milione di euro del Mibac e al contributo di un Comitato Scientifico di conoscitori della chiesa di San Sepolcro ed esperti della Veneranda Biblioteca Ambrosiana.