Il restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate: Un intervento di conservazione innovativa tra tradizione, tecnologia e sostenibilità
Il restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate rappresenta un esempio di come l’architettura contemporanea possa coniugare rispetto per il passato e innovazione tecnologica. Un intervento che non si limita alla conservazione, ma che attraverso la riscrittura e il recupero delle sue componenti più significative, trasforma il patrimonio in un’opera sostenibile e funzionale per il futuro. Questo progetto, nato dalla collaborazione tra gli architetti Mangiarotti, Morassutti e Gianoli, è un’opportunità di riflessione per architetti e progettisti sull’evoluzione delle pratiche di restauro e sulle sfide dell’adeguamento tecnologico degli edifici moderni.
Il Patrimonio architettonico del Novecento. Tutela e conservazione.
Abbiamo lasciato i lavori del mattino sul tema degli interventi sul patrimonio ecclesiastico storico e riprendiamo la sessione del pomeriggio sul patrimonio del Novecento. Abbiamo selezionato proprio questo progetto, che ormai non definirei più neanche progetto pilota, perché è un intervento che ha fatto scuola su quello che è stato il lavoro che l’architetto Sergio Gianoli, insieme a SBG Tetti, ha curato sul restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate. Questo progetto è stato trattato anche nell’incontro che si è svolto quest’estate a Cagliari, durante una delle giornate nazionali della JI, proprio sul tema di come affrontare e definire gli interventi su quel patrimonio che ha meno di 70 anni, per cui non è sottoposto a vincolo. Tuttavia, anche se di recente costruzione, ha un valore identitario, architettonico e storico particolare. È una domanda che ci si pone anche come committenza, perché il fatto di non avere un edificio vincolato e quindi non essere obbligati a seguire un determinato iter non ci permette però di dimenticare o trascurare l’opera intellettuale del professionista che ha progettato l’edificio. Come ci si pone, quindi, in qualità di restauratore di queste opere recenti? E qual è la ricerca tecnologica e l’innovazione che può aiutarci a completare l’intervento di restauro nel rispetto degli autori? Passo la parola all’architetto Sergio Gianoli.
Il restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate, progettata da Mangiarotti e Morassutti, unisce conservazione, innovazione tecnologica e sostenibilità, affrontando sfide architettoniche moderne e riscrivendo l’opera originale per il futuro.
VIDEO SINTESI: Il restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate, progettata da Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti nel 1956, rappresenta un intervento di recupero che unisce rispetto per l’originale e innovazione. L’opera ha affrontato problematiche legate alla vivibilità e al degrado dei materiali, soprattutto del vetro e acciaio dell’involucro trasparente. Il restauro, realizzato in collaborazione con gli architetti Giulio Barazzetta e Artepi, ha incluso l’adeguamento alle normative energetiche, la sostituzione delle facciate vetrate con materiali più duraturi, il miglioramento dell’illuminazione e del comfort, mantenendo intatta l’identità storica e architettonica della chiesa.
Intervento di Sergio Gianoli:
Buongiorno a tutti, grazie per questo invito a partecipare a un evento che inserisce la presentazione di un lavoro fatto in un contesto in cui è assolutamente interessante confrontarsi anche con i lavori dei colleghi. Io sono il primo di questa serie e parlo del restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate. Mi presento: sono Sergio Gianoli di SBG Architetti e ho collaborato con Giulio Barazzetta a questo lavoro. La Chiesa di Vetro di Baranzate, il cui nome ufficiale è “Nostra Signora della Misericordia”, è un’opera progettata nel 1956 dagli architetti Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, che hanno chiamato come strutturista Aldo Favini. In soli due anni, questi professionisti hanno progettato e realizzato questo edificio abbastanza unico.
Il lavoro che vi presento oggi è un intervento che mette in evidenza gli aspetti del restauro, con l’obiettivo di riportare l’edificio al suo aspetto originale. Come si vede in questa foto introduttiva, la chiesa aveva e ha ancora dei vincoli. Non si parla di vincolo monumentale, ma c’era comunque il vincolo della Soprintendenza per Diritto d’Autore, che ha imposto un approccio assolutamente impostato sul restauro. Noi siamo stati chiamati principalmente da Giulio Barazzetta, che si è occupato della fase progettuale, mentre io ho seguito la fase realizzativa e in cantiere. Mi soffermerò su alcuni aspetti del restauro, inteso come “riscrittura”, proprio visti sul campo.
Quando siamo stati chiamati, la comunità parrocchiale aveva un edificio in stato di degrado, che vedete nella foto a sinistra, con problematiche di vivibilità interna e un degrado dei materiali preoccupante. Non si trattava di un degrado strutturale della struttura in cemento armato, ma l’involucro trasparente in vetro e acciaio era in uno stato tale da renderlo quasi pericoloso. Di conseguenza, non solo la funzione religiosa liturgica dell’edificio era compromessa, ma anche la sicurezza della comunità parrocchiale.
Il restauro è stato impostato sulla richiesta espressa dalla comunità parrocchiale di un adeguamento ai livelli di comfort energetico e di utilizzo dell’edificio, anche in senso liturgico. Le scelte sono state orientate verso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia per la sostenibilità energetica, con l’inserimento di vetrate particolarmente raffinate dal punto di vista tecnologico, che sono state sostituite integralmente. Inoltre, è stato inserito un impianto di climatizzazione per una gestione ottimale della temperatura sia invernale che estiva, nascosto in modo invisibile nell’edificio. Un altro intervento importante è stato il lavoro di coibentazione, che non approfondirò ulteriormente.
Il progetto è stato finanziato per un terzo dalla comunità parrocchiale, che era pronta a fare l’investimento, e per due terzi da Fondazione Cariplo, Fondazione Lambriana e una donatrice anonima, la figlia del primo finanziatore della chiesa. Il contesto è quello della periferia di Milano, a Baranzate, un luogo di immigrazione dal sud negli anni ‘50. Quando Mangiarotti e Morassutti progettano l’edificio, utilizzano tecnologie costruttive assolutamente sperimentali, come il cemento armato e il vetro, in un mix di innovazione e tradizione. La cella dell’aula assembleare è una grande struttura di cemento armato circondata da una scatola di vetro opalescente. L’effetto di questo contrasto tra i materiali è un elemento significativo dal punto di vista architettonico e simbolico.
Nel nostro lavoro, la visione è stata quella di mantenere il dialogo tra questi materiali legati alla tradizione e quelli più innovativi, come il vetro e l’acciaio, che rappresentano l’architettura industriale degli anni ‘50. Un altro aspetto interessante è la sostituzione della facciata vetrata, che è stata fatta in modo integrale, approfittando del fatto che la facciata non sostiene la struttura in cemento armato. Questo approccio è interessante, perché gli autori originali avevano già previsto la possibilità di sostituire i materiali sperimentali nel lungo periodo, non in un’ottica conservativa, ma con una visione di ricostruzione, sfruttando le nuove tecnologie.
Per quanto riguarda il restauro del pavimento, abbiamo dovuto consolidare strutturalmente il solaio, inserendo dei rinforzi tra le pignate esistenti. Inoltre, abbiamo dovuto sostituire il pavimento, che pur essendo in buone condizioni, non consentiva l’inserimento di un sistema di riscaldamento radiante. La scelta è stata quella di ricostruire il pavimento con una mattonella che fosse il più possibile simile a quella originale.
Per quanto riguarda l’illuminazione, abbiamo dovuto fare un lavoro di ricerca per implementare il sistema con tecnologia LED, mantenendo l’effetto di trasparenza e opalescenza dei pannelli vetrati originali. Le fotografie storiche sono state una guida fondamentale per questo intervento.
In conclusione, il restauro della Chiesa di Vetro di Baranzate è un lavoro che ha richiesto un equilibrio tra innovazione tecnologica, rispetto per l’originale e valorizzazione delle caratteristiche architettoniche del progetto. Grazie a tutti.