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Edilizia e beni culturali: quarant’anni di fruttuosa operosità dalla revisione del Concordato 

Don Luca Franceschini, direttore Ufficio Nazionale
per i Beni Culturali e l’Edilizia di Culto della CEI 

Quasi cento anni sono trascorsi da quando, nel 1929, i Patti lateranensi portarono un nuovo assetto di relazioni tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica riconoscendo “la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l’addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti” e risolvendo la “questione romana” sorta nel 1870. 

Le conseguenze di questo accordo non solo riguardarono il nuovo assetto dello Stato del Vaticano che acquistava la forma con cui è giunto ai nostri giorni, ma anche l’assetto delle chiese italiane alle quali fu riconosciuta personalità giuridica con tutte le conseguenze per la loro sussistenza, salvaguardia e vita concreta. 

Già negli anni Settanta del secolo scorso iniziarono trattative per rivedere gli accordi pattizi e aggiornarli alle nuove esigenze e soprattutto ai cambiamenti radicali introdotti con l’approvazione della Costituzione repubblicana per lo Stato italiano e con il Concilio Vaticano II per la Chiesa cattolica. 

Si giunse così alla revisione del Concordato ratificata il 18 febbraio 1984 con la quale si modificava radicalmente il testo precedente sostituendolo completamente con nuove disposizioni. Tra l’altro, proprio nel 1983, papa Giovanni Paolo II aveva promulgato il nuovo Codice di Diritto Canonico che sostituiva il precedente Codice Piano Benedettino del 1917. 

La ricorrenza dei 40 anni dalla revisione del Concordato è particolarmente importante sia per non perdere la memoria storica degli eventi, dei contenuti culturali e delle vicende che hanno prodotto, sia per fare una rilettura degli aspetti positivi e negativi con lo scopo di una fruttuosa progettazione del cammino ancora da compiere

Il testo dell’Accordo del 1984 pone attenzione alla specificità degli edifici di culto e alla necessità di dotare le comunità di strutture adeguate alle loro esigenze spirituali e liturgiche (art. 5), nonché all’importanza della collaborazione tra Stato e Chiesa per la tutela del patrimonio artistico (art. 12): 

“Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d’interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche. La conservazione e la consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti.” 

Le intese, previste dall’articolo 12 saranno la vera novità degli anni successivi. La prima di queste sarà l’intesa fra il Ministro per i beni culturali ed ambientali ed il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, firmata il 13 settembre 1996, relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche. Tale intesa fu poi rinnovata nel 2005 poiché la riforma del Titolo V della Costituzione e l’emanazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio rendevano necessaria una globale revisione della materia. Come ebbe a commentare l’allora ministro Rocco Buttiglione: 

“Questo atto si inserisce nella visione generale che guida l’intesa per la quale lo Stato riconosce il contributo positivo di valori e di solidarietà che la Chiesa cattolica porta alla nazione italiana e collabora lealmente con essa per il bene comune degli italiani”. 

Intese, accordi e convenzioni hanno caratterizzato e arricchito questi quaranta anni di relazioni sul tema dei beni culturali ecclesiastici attraverso innumerevoli materie: la catalogazione dei beni, degli edifici, degli organi, le biblioteche e gli archivi, i musei, la gestione delle emergenze nelle calamità naturali, il censimento delle risorse audiovisive e sonore, le procedure di verifica dell’interesse culturale, ecc. 

L’altra grande novità, conseguenza della revisione degli accordi stipulata nel 1984 fu l’istituzione dell’8xmille. Verificando che erano ormai venuti meno i presupposti del sistema beneficiale-congruale per il sostentamento del clero fu riconosciuto “l’indubbio interesse collettivo alla introduzione di nuove forme moderne di finanziamento alle Chiese attraverso le quali si agevoli la libera contribuzione dei cittadini per il perseguimento di finalità ed il soddisfacimento di interessi religiose” 

Il nuovo sistema, che metteva a disposizione della Chiesa cattolica lo 0,8% della massa IRPEF -inizialmente l’alternativa era solo quella di devolvere allo Stato a scopi di interesse sociale e/o di carattere umanitario, successivamente anche le confessioni religiose che con lo Stato avevano un’intesa – non solo consentì di creare un nuovo sistema nazionale per il sostentamento del clero ma di destinare dei fondi sia per le esigenze di culto della popolazione sia per interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo. 

Possiamo ringraziare questa risorsa messa a disposizione della Chiesa cattolica in Italia se dagli anni ‘90 è stato realizzato un enorme lavoro a servizio delle esigenze di culto della popolazione, secondo le diverse intese, catalogando, restaurando, valorizzando l’enorme patrimonio dei beni culturali ecclesiastici già sopra ricordati, nonché provvedendo alla costruzione di nuovi complessi parrocchiali e alla realizzazione di nuove opere d’arte.

Chiese e locali per il ministero pastorale, case canoniche per l’abitazione dei parroci sono state costruite mentre importanti somme sono state investite per la salvaguardia, il consolidamento e il restauro dell’enorme patrimonio di chiese –circa 67.000– affidato alla responsabilità dei vescovi delle diocesi italiane. 

A questi lavori sull’edilizia, alla catalogazione dei beni e alla loro valorizzazione vanno aggiunti gli interventi per il restauro degli organi, la dotazione di adeguati impianti di allarme e videosorveglianza, la valorizzazione di musei, archivi e biblioteche ecclesiastici. Per concludere possiamo ricordare l’impegno di formazione degli operatori, di studio e divulgazione promosso dall’Ufficio Nazionale, la promozione del volontariato culturale, la sensibilizzazione delle comunità, degli studenti, della popolazione sul territorio. 

Quarant’anni fruttuosi, dunque, sicuramente bisognosi di verifica, approfondimento e studio per fare il punto e migliorare l’impegno traendo frutto da ciò che il tempo trascorso ha consentito di realizzare. Di questo parleremo nel prossimo convegno “XL Concordato. 40 anni di intese e progetti per la promozione dei Beni Culturali Ecclesiastici” che si terrà a Catania nel prossimo mese di maggio

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