S.Ecc. Mons. Derio Olivero, Vescovo di Pinerolo
e delegato della Consulta Episcopale Piemonte per i beni culturali e l’edilizia di Culto.
Viviamo tempi difficili: prima la pandemia, ora la guerra e gli aumenti dei prezzi. Ogni giorno i quotidiani riportano l’elenco delle urgenze. E sottolineano che sono “urgenze pressanti”.
Talmente pressanti che ogni altro discorso sembra diventare inutile o perlomeno secondario. In certi casi addirittura fastidioso. Ci sono le urgenze, il resto può attendere. Il resto “non è urgente” e, pertanto, diventa fastidioso citarlo.
Disturba il nostro sguardo serio, concentrato su ciò che davvero conta, cioè sulle urgenze. Tuttalpiù “il resto” serve a distrarci un attimo per “divertirci”. Il resto è accettato solo se considerato come “divertimento”, pausa rilassante, gioco.
Nel “resto” rientra l’arte. Oggi più che mai l’arte è relegata tra le cose “non urgenti”, cioè non importanti. Rientra nel secondario, in ciò che viene dopo, “se resta del tempo”.
In ciò che “si aggiunge”, quindi in ciò che si può definire“optional”. All’arte dedichiamo tempo “nei ritagli di tempo”, se mai ne restano. All’arte dedichiamo tempo nei ritagli di lavoro, per staccare un attimo, per divertirci. L’arte arriva sempre soltanto dopo, come la cultura.
Rientra nell’inutile, nel “di più”, nell’optional. Rientra in ciò di cui si può fare benissimo a meno. L’arte è per chi può permettersi il superfluo. L’arte è lei stessa “superflua”.
E così tutti coloro che si occupano di arte “arrivano dopo”, sono considerati lavoratori di serie b. A loro sovente si dice: “Con tutti i problemi che ci sono proprio di arte ti devi occupare?”.
Succede, purtroppo anche all’interno della Chiesa. Spesso negli incontri di programmazione pastorale coloro che si occupano di arte vengono visti come un “mondo a parte”, poco “utile” per il cammino pastorale. Anche lì salta fuori lo stesso ritornello: “Con tutti i problemi che abbiamo nel cammino pastorale non abbiamo tempo di occuparci di arte”. Si fatica, anche nelle Chiese, a cogliere il valore dell’arte.
Per questo vorrei citare una splendida definizione di Massimo Recalcati che dice così: “L’arte è un ponte verso il mistero delle coseʺ (“Il mistero delle cose”, Mi 2016, p. 13). Ogni opera d’arte è lo sforzo, sempre difficilissimo, che mira a prenderti da una riva e portarti all’altra riva, cioè che punta a prenderti per mano e portarti a scoprire il mistero delle cose, ovvero a toccarne la densità, la ricchezza, il gusto, il senso.
Pertanto chi si occupa di arte, chi si occupa di valorizzazione del patrimonio artistico che cosa fa tutti i giorni? Dato che l’arte è questo sforzo nei secoli (nel Duecento, nel Cinquecento, nel Settecento, oggi), chi si occupa di arte cerca di mantenere percorribile questo “ponte”, di renderlo “parlante” per l’oggi. Chi si occupa di arte lavora a servizio dell’umana ricerca della densità del nostro stare al mondo.