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Dalla città di Dio alla città dell’uomo

Secondo stime dell’ONU, il 23 maggio del 2007 la popolazione mondiale insediata nelle città ha eguagliato e superato quella delle campagne. Si è quindi verificato un suo aumento in valore assoluto insieme all’inurbamento di quote consistenti, conseguente sovraffollamento e formazione di nuove periferie sempre più estese.
Ciò è avvenuto in modo più accentuato nelle megalopoli con più di 10 milioni di abitanti, prevalentemente concentrate nei paesi sottosviluppati o di recente industrializzazione. Gli effetti di questo fenomeno sono molto negativi a livello sociale ed economico per l’aumento di frange urbane sempre più degradate e invivibili.
Anche la Grande Milano con i suoi sette milioni di abitanti si approssima alla dimensione di una me- galopoli, ma le sue periferie più degradate appartengono soprattutto alla città municipale, effetto di una crescita che si è storicamente attuata in carenza di una regia pubblica e subordinata agli interessi privati della speculazione edilizia.
Situazione che ha indotto il sindaco di Milano Beppe Sala a porre il tema delle periferie al primo punto del suo programma con l’intento di“annullare il divario tra la Milano che cresce e funziona e una Milano che soffre e fa fatica.” Come si vede, il suo obiettivo è molto ambizioso.
Ma recentemente Sala ha anche inaspettatamente espresso il proposito di “trovare le forme per riuma- nizzare la città che non deve solo correre…”, che sembra tuttavia adattarsi poco a una città che, dopo Expo 2015, favorisce il ripetersi di eventi come Bookcity, Pianocity, le settimane del design, della moda, dell’arte, del cibo , organizzati più per attirare masse di visitatori che per favorire la crescita culturale e la partecipazione identitaria dei suoi abitanti.
Non escluderei che la presa di posizione di Sala sia ispirata ad alcuni passi dell’enciclica Laudato si’ di Papa Bergoglio che denuncia il “profondo squilibrio che spinge molte persone a fare le cose a tutta velo- cità…che le porta a travolgere tutto ciò che hanno intorno a sé” (par. 225). Denuncia che nel suo arti- colato sviluppo si integra strettamente con le contraddizioni di carattere sociale, politico, economico, culturale e ambientale della città contemporanea. L’enciclica fa riferimento alla città contemporanea in molti passaggi e, nell’affrontare il tema della crescita urbana, che va sempre più sottraendosi alla gover- nabilità, esordisce con la constatazione “che molte città sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento… ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquina- mento visivo e acustico.” (par. 44)
E prosegue: “la privatizzazione degli spazi ha reso difficile l’accesso dei cittadini a zone di particolare bellezza; altrove si sono creati quartieri residenziali ecologici solo a disposizione di pochi…Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree sicure ma non altrettanto in zone meno visibili, dove vivono gli scartati della società.” (par. 45) Che mette in discussione la controversa questione degli squilibri che appaiono come condizione per la crescita economica.
Argomentando che “Data l’interrelazione tra gli spazi urbani e il comportamento umano, coloro che pro- gettano edifici, quartieri, spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo di diverse discipline che permettano di comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone.” (par. 150) Ma, “Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco. Anche per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianicazione urbanistica.”(par. 150) Mettendo in evidenza l’esigenza di una partecipazione, solidarietà e aggregazione sociale a cui la fitta rete territoriale della chiesa cattolica contribuisce, spesso anche a favore di immigrati appartenenti ad altre confessioni.
E più in dettaglio: “E’necessario curare gli spazi pubblici, i quadri pospettici e i punti di riferimento urbani che accrescono il nostro senso di appartenenza, la nostra sensazione di radicamento … E’ importante che le diverse parti della città siano ben integrate e che gli abitanti possano avere una visione d’insieme invece di rinchiudersi in un quartiere, rinunciando a vivere la città intera come una spazio proprio condi- viso con gli altri.”(par.151)
Per concludere che “Insieme al patrimonio naturale, vi è un patrimonio storico, artistico e culturale ugualmente minacciato. E’ parte dell’identità comune di un luogo e base per costruire una città abitabile. Non si tratta di distruggere e di creare nuove città ipoteticamente più ecologiche, dove non sempre risulta desiderabile vivere. Bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale.”(par. 143)
E’ questa una problematica che sembra essere stata trascurata nelle fasi di recente crescita del capoluogo lombardo che ha visto modificarsi lo scenario urbano con la comparsa di architetture che si sarebbero potute realizzare in qualunque altra città del mondo, prive di quella specificità che ha contraddistinto Milano negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, facendone un caso di studio ed esempio per gli architetti di tutto il mondo.
Forse lo stimolo di Sala potrebbe indurre gli architetti a soffermarsi per riflettere su quei passi dell’enciclica di Papa Bergoglio dedicati alla città e all’architettura ai quali anche da parte di un non credente, quale io sono, è arduo sottrarsi.

Omaggio a Papa Bergoglio

E potrebbe essere l’occasione per impegnarsi a condividere una visione di Milano, nella sua nuova di- mensione metropolitana, per la quale non è ancora stata elaborata un’idea che possa orientare, in modo coordinato, le grandi trasformazioni che si annunciano: il recupero degli scali ferroviari, delle aree di Expo, delle ex caserme e della Piazza d’Armi. Per citare solo i casi più eclatanti.
Per ciascun progettista queste scadenze dovrebbero infatti rappresentare l’opportunità per dare senso al proprio lavoro affinché la progettazione architettonica e urbana torni ad essere una pratica dotata di consapevolezza e responsabilità nei confronti della società e dell’ambiente.

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