L’antica chiesa di San Francesco del Prato a Parma, già trasformata in carcere, riapre al culto dopo due secoli di oblio
È documentato che agli inizi del XIII secolo si stabilì a Parma un gruppo di “uomini penitenti oriundi di Assisi” ed il Comune favorì l’insediamento di questi fratres minores, nel grande “prato regio” all’esterno delle mura tardoantiche: qui si unirono ai frati molti parmensi, tra cui fra’ Salimbene de Adam e il beato Giovanni Buralli.
L’osmosi tra la fraternità conventuale e la comunità civica si espresse anche a livello edilizio: accanto al primitivo convento, probabilmente nella seconda metà del XIII secolo, prese avvio l’edificazione della nuova chiesa grazie all’operosità della popolazione e delle istituzioni civiche.
Col tempo l’ispirazione francescana, la devozione e il contributo di popolo e nobili arricchirono la chiesa di affreschi e di cappelle. Il bellissimo rosone in formelle smaltate policrome, risalente al 1461, testimonia ancora oggi del momento in cui la grande chiesa trovava il suo pieno compimento.
Monsignor Alfredo Bianchi, direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Parma, che dell’intervento è stato l’illuminata guida sino alla sua recente scomparsa, si interrogava e interrogava la piccola/grande comunità che ha progettato, sostenuto e gestito l’operazione di recupero: ma perché una chiesa tanto grande, tra i prati, in una Parma che non era certo una metropoli?
Le riposte sono da cercare nella complessa storia di questo monumento che dal duecento è cresciuto e si trasformato per i normali accadimenti che un edificio chiesa incontra nel suo lungo cammino.
Ma, agli inizi dell’ottocento, tale commino subì un arresto o, meglio, una drastica deviazione. Monasteri e conventi che punteggiavano l’Europa furono requisiti e adibiti ad altri usi e molti furono trasformati in carceri: le celle dei monaci, i corridoi, gli ingredienti erano già dati, pronti per il “cambiamento d’uso”.
Ma una chiesa no; poteva essere usata per il ricovero delle truppe, poteva anche essere adibita a scuderia, sarebbe stato considerato “normale”… e avrebbe fatto meno male.
In San Francesco, distrutti gli altari e coperti di calce gli affreschi, invece, sono stati innalzati muri, tessuti solai, realizzate scale, inseriti impianti sanitari, aperte una miriade di finestre nella compagine muraria; le navate laterali sono state suddivise in celle per i reclusi.
L’unitario spazio, l’arioso spazio di San Francesco è stato parcellizzato con una tal violenza che le ferite non potranno essere più cancellate. Per questo motivo la chiesa di San Francesco rappresenta un caso, un caso raro.
Oggi la storia si è capovolta. Lo spazio violato della chiesa è stato sanato e riconsacrato ma San Francesco del Prato saprà testimoniare tutte le stagioni vissute.
La nave centrale e le sue bianche superfici illuminate dal grande rosone, il coro con la luminosa abside e la magnifica volta affrescata in gran parte ritrovata, testimonieranno di nuovo dello spazio e del decoro della chiesa gotica nella sua fase matura.
Nelle navate laterali e nelle cappelle laterali, invece, le pesanti ferite inferte due secoli fa, le cicatrici che nessuna operazione di chirurgia estetica potrebbe mai mitigare, continueranno a testimoniare lo scempio perpetrato allora ma anche del diverso, inedito e drammatico modo di abitare questo spazio.
È nella severa facciata della chiesa che il drammatico conflitto rimarrà sincreticamente presente.
Le finestre carcerarie invece sono state occluse lasciandone traccia leggibile sulla partizione muraria, mancando l’ammorsatura superficiale esterna del laterizio.
La facciata è tornata a filtrare la luce pomeridiana non solo attraverso il bel rosone ma anche con le coeve monofore rinvenute e ripristinate nella loro consistenza effettiva.
Oggi San Francesco del Prato è tornata ad essere accessibile a tutti.
L’altare consacrato riunisce attorno a sé nuovamente i fedeli. La città tutta si è riappropriata di uno spazio negato per più di due secoli.
In una Europa che vede le sue chiese sempre meno usate, non più abitate come sino a poco tempo fa, abbandonate, in molti casi riusate ma anche vendute e talora svendute, quanto sta accadendo in San Francesco del Prato rappresenta un caso, ancora uno volta, assai singolare.
Cronologia degli avvenimenti recenti
Risale agli anni 1974-1993 la concessione della Chiesa di San Francesco del Prato ai Frati Minori Conventuali, che assunsero la cappellania del carcere ancora in uso.
È del 1991 la Convenzione tra Ministero delle Finanze e Università che ha autorizzato la concessione ad uso perpetuo e gratuito di diversi compendi demaniali al MURST. Tra essi, il “Complesso ex carcere di S. Francesco” all’Università di Parma.
Risale all’ottobre 1996 la costituzione del Comitato per San Francesco presieduto dal Senatore Carlo Buzzi con l’appello di 18 associazioni cittadine all’Università e la raccolta di circa 35 mila firme per la riapertura al culto della chiesa.
Il 23 marzo 2000 il Rettore firma la convenzione con la Provincia del Frati Minori Conventuali, che concede ai Minori la chiesa ed alcune pertinenze.
La Fondazione Cariparma finanzia il progetto per il recupero della chiesa che ottiene, nell’aprile del 2004 l’approvazione da parte della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Bologna.
Il primo dicembre del 2008 Il Santo padre Benedetto XVI nell’udienza concessa all’Università di Parma auspica che “la storica chiesa di san Francesco al Prato possa essere presto riaperta al culto, a beneficio dell’Università e della Città intera”.
Tralasciando le complesse vicende a riguardo dei rapporti, non sempre facili, tra gli attori coinvolti in questo lungo processo, a seguito della restituzione della chiesa da parte dell’Università allo Stato, il 16 febbraio 2018 si giunge alla firma tra l’Agenzia del Demanio e il Vescovo di Parma, della concessione della chiesa e di pertinenze alla Diocesi di Parma.
È del luglio 2018 la costituzione del nuovo Comitato con promotori tra gli altri, la Diocesi di Parma, la Provincia Padovana dei Frati Minori Conventuali, il Comune e la Provincia di Parma e l’Università degli Studi di Parma, le istituzioni cittadine insieme alle più significative espressioni del mondo politico e imprenditoriale e della cittadinanza tutta.
Nel 2018, il 3 settembre, a seguito dell’aggiornamento del progetto da parte di un gruppo di progettazione coordinato dell’architetto Giorgio Della Longa, sono iniziate le attività di cantiere.
Durante il complesso iter di restauro e recupero, il cantiere di San Francesco ha ospitato manifestazioni culturali tra le quali, nell’ambito del Festival Verdi, l’opera Luisa Miller e la partecipazione del Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente onorario del Comitato per San Francesco, alla tavola rotonda col regista Lev Dodin, Direttore del teatro di San Pietroburgo e il Maestro Abbado.
I ponteggi per i lavori di restauro della facciata hanno consentito le visite della cittadinanza, di cultori e turisti alla facciata e al bel rosone, grazie ad una cinquantina di volontari appositamente formati.
Il recupero di San Francesco del Prato, trattandosi di bene dello stato, ha goduto i benefici dell’Art Bonus di cui alla Legge n. 106 del 29 luglio 2014, che concede un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, quale sostegno del mecenatismo a favore del patrimonio culturale.
Tale meccanismo che ha visto protagonisti e promotori la locale fondazione di origine bancaria e imprenditori e multinazionali che a Parma hanno la loro sede, ha consentito erogazioni per un ammontare che, ad oggi, ha superato ampiamente i cinque milioni di euro.
La Regione Emilia Romagna e il Segretariato regionale del Mibact hanno aiutato economicamente l’impresa e il giorno 3 agosto 2021, il Ministro Dario Franceschini ricevendo il Vescovo, i Francescani e il Comitato ha assicurato l’interessamento per la prosecuzione dell’attività di recupero e restauro che al momento è solo in parte conclusa.
Il 3 ottobre del 2021 è avvenuta la riconsacrazione di San Francesco del Prato.
Il recupero del monumento è per l’uso liturgico, secondo la concessione, ma anche per manifestazioni musicali, culturali, accademiche e istituzionali.
La presenza della comunità francescana, a cui la chiesa è stata affidata dalla Diocesi, garantisce la fedeltà al suo carisma, la sensibilità ai temi ambientali e della pace, unitamente ad attività sociali e caritative, come pure presenza e servizio tra i giovani nella attigua Università.