Il concorso nell’edilizia di culto: esperienze a confronto
“Ci siamo rifugiati in un’arte di poca spesa e di poco valore. Non abbiamo rispettato il nostro ministero” Così esordiva Papa PaoloVI nella lunga lettera inviata agli artisti nel lontano 1964. Anno che segna indiscutibilmente l’inizio di un nuovo percorso da parte della CHIESA, nella comprensione e accettazione dell’Arte e dell’Architettura Contemporanea quale messaggio carico di valore e di energia per imprimere una svolta alla ricerca artistica nell’ambito del sacro.
Arte e architettura contemporanea
E’ più complesso e complicato comprendere l’arte contemporanea e lo è ancora di più per lo spazio architettonico sacro che, rispetto allo stile del passato, deve interpretare i nuovi modi del vivere contemporaneo pur rispettando l’insieme dei riti e delle attività liturgiche che al suo interno si svolgono. Un compito difficile che, pur puntando al rinnovo dell’icona della Chiesa anche a seguito dell’azione liturgica, ha visto nel tempo esiti controversi e risultati non sempre all’altezza del messaggio da interpretare rischiando di allontanare la comunità dall’edificio di culto, proprio perché non più chiaramente riconoscibile con lo stile e i caratteri identitari del proprio territorio.
Il progetto
Se il carattere di un progetto è favorito da quello del contesto urbano in cui esso è inserito, tanto da diventare oggi anche occasione primaria di Ri-generazione del tessuto architettonico e sociale – ed alcuni importanti esempi possono testimoniare interventi di riqualificazione di aree periferiche, proprio attraverso l’edilizia di culto- è ancor più vero che l’accettazione di una comunità verso il progetto di una Chiesa nuova deve essere un fatto di Coraggio e di Responsabilità, come azione condivisa tra committente, progettista e singolo cittadino.
La coralità delle competenze
Alla complessità del tema, negli ultimi anni, la CEI ha dato il via ad una serie di concorsi per l’edilizia di culto ad invito richiedendo la coralità di competenze professionali (sinergia tra architetti, artisti e liturgisti) ai quali il compito affidato è stato proprio quello di realizzare dei progetti che fossero di riferimento per le comunità locali. Infatti, nella Chiesa i processi di partecipazione non sono solo momenti del pro- getto, ma anche momenti della comprensione liturgica, per una migliore interpretazione architettonica dello spazio sacro e per rendere attivo il dialogo tra chiesa e centro pastorale. E’ attraverso il confronto tra idee diverse che la qualità progettuale può innalzarsi, avviando percorsi di formazione affinché il livello delle proposte possa essere sempre adeguato alle richieste.
Il concorso come strumento per la migliore selezione
Il concorso nell’edilizia di culto diventa quindi uno strumento necessario e indispensabile per selezionare le migliori proposte e per aprire il confronto ad un dibattito pubblico, che vede tutti coinvolti nel rinnovato dialogo tra Chiesa e comunità civile. Per le prossime iniziative in corso, promosse dalle Diocesi locali in collaborazione con Ufficio Nazionale dei Beni Culturali della Cei, è stata ampliata la possibilità di selezionare un alto numero di gruppi di professionisti già costituiti in team con artisti e liturgisti, attraverso le proprie candidature agli avvisi di manifestazione di interesse, che hanno la finalità di contenere il numero degli invitati al concorso e l’eccessiva spesa economica a supporto della propria partecipazione.
Il confronto valido ora come allora
Da una confronto attento su questi temi con un caro collega è emerso un esempio del nostro passato, che mi piace ricordare e che testimonia ancora oggi l’eccellenza di un’esperienza virtuosa di sinergia tra “saperi” diversi: il particolare degli affreschi di Luca Signorelli nel duomo di Orvieto. I due personaggi ritratti sono al margine della prima grande scena del ciclo pittorico, quella relativa alla predicazione dell’anticristo che darà inizio agli ultimi giorni. La figura con i capelli lunghi si ritiene che sia l’autoritratto dello stesso Signorelli. L’altra figura, rappresentata nel gesto di indicare, (dopo altre ipotesi) si ritiene che sia l’arcidiacono Alberto Albèri, teologo ed ispiratore del programma iconografico. Le due personalità insieme, quella del teologo e dell’artista, hanno prodotto questo capolavoro.
“Non smettiamo mai di rinunciare alla ricerca della BELLEZZA e della VERITA’ attraverso gli strumenti del nostro tempo”.
Arch. Caterina Parrello,
Direttore Chiesa Oggi Architettura e Comunicazione