Il protiro della basilica di S. Eustorgio a Milano è il risultato della profonda restaurazione ottocentesca, guidata dalla ricerca dello “stile lombardo” che veniva fatto coincidere con il romanico.
I lavori iniziarono nel 1834: le sculture del protiro e del portale furono eseguite da Luigi Cocchi, su disegno di Giovanni Brocca; Agostino Caironi dipinse la lunetta con La Madonna e i Magi.
La porta fu rivestita di lamiera di ferro, con ornati di zinco: sulle due ante del portale centrale la figura di Cristo benedicente è attorniata dai simboli degli Evangelisti.
Il materiale
L’aspetto del materiale lapideo è affine a quello della pietra d’Angera, soprattutto per la casuale presenza di conci rosa e gialli, ma anche ad un’osservazione ad occhio nudo si possono percepire differenze. Le analisi hanno individuato dolomite, a base di carbonato di calcio e di magnesio, a grana molto fine e discreta porosità, consentendo di ipotizzare l’uso di una dolomia.
Il degrado di questo materiale lapideo derivava dalla sua porosità che sulle aree esposte al dilavamento aveva favorito l’assorbimento di umidità e la conseguente formazione di subflorescenze e di strati superficiali duri ed anelastici che, col passare del tempo ed i ciclici fenomeni di adsorbimento ed asciugatura, avevano provocato la caduta delle croste superficiali, portando a vista la pietra sottostante, friabile ed estremamente porosa per il dilavamento del legante.
Il ruolo fondamentale delle acque meteoriche era confermato dal fatto che le superfici protette dal dilavamento erano in buon stato di conservazione e conservavano i segni della lavorazione superficiale.
Un elemento in particolare aveva subito un drammatico degrado: la colonna sinistra del protiro aveva subito una profonda perdita di materiale e il nucleo della pietra appariva fragilissimo e friabile.
Le croste superficiali ancora in situ avevano ormai solo una flebile adesione al nucleo lapideo ed il degrado era così avanzato che, in passati interventi di manutenzione, erano state inserite cerchiature metalliche.
L’opera di Restauri Formica
Dopo un’attenta spolveratura delle superfici, era eseguito un attento preconsolidamento con l’impiego di nano particelle di calcio e magnesio, con un rapporto 85:15 Ca Mg, appositamente formulato dal Consorzio per lo Sviluppo dei Sistemi a Grande Interfase CSGI Università di Firenze, per una piena affinità con le caratteristiche mineralogiche e composizionali della dolomia.
Il preconsolidamento, ridando compattezza al materiale lapideo, ha consentito di eliminare dalle aree protette dal dilavamento le tenaci croste nere, insolubili: sono così tornate a vista le tonalità originali della pietra.
La pulitura ha rimosso lo spesso degrado biologico che si era formato sulle superfici più esposte dei leoni stilofori, recuperandone la lettura unitaria.
Le integrazioni, eseguite con malta di grassello di calce, inerti affini alla dolomia e terre minerali, hanno ricomposto le forme, senza un’imitazione delle tracce di lavorazione ormai irreversibilmente perse.
Nella scelta del livello di integrazione si è voluto ricomporre visivamente i volumi, limitando il contrasto tra le aree protette dal dilavamento, che conservano pienamente le decorazioni, e le parti che hanno subito vistose perdite di materiale.
Ricomponendo la matrice dolomitica, sono stati ridotti significativamente la penetrazione dell’acqua ed i fenomeni di decoesione e di perdita di materiale, mantenendo la composizione originale della pietra ed evitando l’applicazione di materiali estranei.
In particolare, il complesso, approfondito intervento di consolidamento ha consentito di ridare coesione alla colonna di sinistra che aveva subito profondi fenomeni di sfaldamento.
È stato così possibile eseguire sigillature ed integrazioni per ridare alla colonna la funzione portante e ricomporne la forma.
La rimozione degli spessi strati di ridipinture ha consentito di riportare a vista l’aspetto originale del rivestimento metallico delle ante del portone ed in particolare le decorazioni in zinco.