La malattia mortale di cui è affetta la generazione contemporanea è l’oblìo; la sua terapia consiste nella sapiente valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale che ci è stato consegnato.
In un tempo dominato dalla fretta, dalla curiosità propria di chi non sa ascoltare con onestà il presente, ogni sguardo al passato potrebbe essere confuso con archeologismo. È proprio della sapienza della ricerca imparare a leggere e discernere il presente collocandoci nel solco della tradizione che ci precede.
Ciò significa che ogni autentico progresso impone un ascolto del passato, quale magistero della storia, che apre alla verità del presente e alla speranza di un cammino. Papa Francesco richiama con forza che: «Una Chiesa davvero secondo il Vangelo non può che avere la forma di una casa accogliente, con le porte aperte, sempre! Le chiese, le parrocchie, le istituzioni con le porte chiuse non si devono chiamare Chiesa, si devono chiamare musei!».
Pertanto, non si tratta di impegnarsi nel recupero di presunte forme archetipe della cristianità (ammesso che siano documentate e raggiungibili). È necessario, invece, avviare un processo di ascolto che rifugga dalla ricerca della novità fine a se stessa, che colloca al primo posto la realizzazione dell’artista misconoscendo la finalità dell’opera.
Dal canto suo, la storicizzazione non può essere ascritta a giustificazione di un immobilismo conservativo assoluto, soprattutto quando diventa patetica soluzione per giustificare palesi irresponsabilità del passato. Laddove il percorso è eloquente nella sua documentazione storica, esso esige una operazione di giustizia, al fine di riconsegnare l’opera alla funzionalità originaria prospettata dal suo autore.
Questa è la strada che si apre. Senza rimpianti, ma con atteggiamento di rendimento di grazie per quanto ci ha preceduto e che costituisce la nostra storia personale e comunitaria, l’umanità avanza nel cammino quotidiano scorgendo nel patrimonio artistico e culturale un orizzonte sempre più ampio che consegna alla speranza un luogo abitabile.
Il nuovo anno, che vede Parma capitale italiana della cultura, ci richiede partecipi, come comunità di Fidenza, nel fare emergere quei valori identitari di cultura, di arte e di fede, di una terra e di una chiesa fondate e cresciute attorno al martirio di san Donnino e alla sua esperienza cristiana.
Raccontarne la storia, ascoltarne il messaggio, guardare con occhi nuovi le sue azioni, non può che rafforzare quel senso di appartenenza ad una terra fondata sui valori spirituali e di fede.
S.Ecc. Mons. Ovidio Vezzoli , vescovo Diocesi Fidenza
Visto sul numero 113 di Chiesa Oggi Architettura e Comunicazione: