Il suono delle campane è legato alla presenza di persone che ne portano avanti la tradizione. Dove le campane sono suonate ancora a mano il ricordo è legato alla capacità del “campanaro” di trovare un suo successore.
Per ovviare a questo problema del mancato passaggio generazionale in molte città di Italia si sono costituiti gruppi di “suonatori di campane” che con le loro scuole vogliono insegnare alle nuove generazioni questa arte antica.
Quest’anno, a giugno del 2020, ricorre il ventennale di un evento nazionale organizzato nell’anno duemila dalla Fonderia Capanni di Castelnovo ne’ Monti. Capanni radunò oltre 600 suonatori di campane provenienti da tutta Italia e mise loro a disposizione a terra diversi “concerti” di campane (con la parola concerto si intende un certo numero di campane che possono essere suonate assieme come se fossero su di un campanile) per essere suonati con i diversi stili di suono: ambrosiano, veronese, bolognese, genovese, ecc.
Un problema che c’era da tempo è che i diversi gruppi di suonatori di campane si ritenevano ognuno superiore all’altro e non riuscivano a dialogare tra di loro per fare fronte comune su temi legati alle campane. Inoltre il potere suonare solo nei propri campanili non facilitava il confronto con altri suonatori.
La cosa straordinaria che fece la Fonderia Capanni fu di mettere a disposizione già dagli anni precedenti il duemila un incredibile numero di campane che potevano essere suonate in eventi organizzati nello stesso giorno e nello stesso luogo con i sistemi di suono più diversi.
Fu un notevole sforzo economico che non avrebbe potuto altrimenti essere sostenuto dai suonatori di campane che svolgevano la loro attività come passione o hobby. I suonatori di varie città suonando uno vicino all’altro, iniziarono ad ascoltarsi e a rispettarsi, apprezzando le difficoltà e le abilità che ogni sistema di suono richiedeva.
Nell’anno duemila posero allora a Castelnovo ne’ Monti, dove ha tuttora sede la storica fonderia Capanni, le basi di una federazione nazionale dei suonatori di campane. Ancora oggi le registrazioni delle esibizioni dal vivo dei vari suonatori di campane che furono fatte al tempo sono una testimonianza della varietà di modi e delle abilità personali con cui le campane venivano suonate nelle varie regioni d’Italia.
Veniamo ora al problema della conservazione materiale del suono delle campane. Essendo il suono delle campane una lingua o meglio un insieme di diversi dialetti si pone il problema di come conservare questo repertorio che ha una importanza sia musicale che culturale.
Come fonderia storica, Capanni conserva nei propri archivi le registrazioni che documentano i vari sistemi di suono, ma chiaramente questo non è sufficiente. A differenza dell’anno duemila, oggi i più diffusi media social contengono molto materiale.
Basta fare una semplice ricerca “on line” abbinando il nome di una località con la parola “campane” per scoprire che qualcuno ha registrato e messo a disposizione in rete del materiale video. Anche se questo archivio “on line” raccoglie tantissime testimonianze non gli può essere lasciata la responsabilità della conservazione ai posteri. I vari “youtube”, “instagram”, “facebook” ecc. sono società private con finalità non filantropiche: sono quotate in borsa, devono guadagnare e devono rispondere ai loro investitori. Queste società potrebbero in futuro decidere liberamente, senza che nessuno possa opporsi, di rimuovere il materiale che per loro non è più interessante.
Meglio sarebbe che di questo compito se ne occupasse una istituzione italiana avente nella conservazione e tutela del patrimonio sonoro le sue finalità costitutive. Come non pensare allora all’Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi (già Discoteca di Stato) che è un “ente pubblico italiano nato proprio con l’obiettivo di raccogliere il patrimonio sonoro italiano”.