CHIESA DI SAN BIAGIO VESCOVO E MARTIRE A LOCRI (RC)
La nuova chiesa parrocchiale è un punto di riferimento, non solo per la Comunità dei fedeli, ma costituisce un elemento primario della città, luogo di ritrovo e socializzazione nel segno della condivisione e dell’accoglienza
Il Progetto della nuova chiesa parrocchiale “San Biagio Vescovo e Martire” nasce dalla volontà di individuare un nuovo luogo di aggregazione per la comunità di Locri. L’area è compresa all’interno di un isolato delimitato da due assi ordinatori paralleli alla linea di costa: viale Giacomo Matteotti e la Strada Statale 106 Jonica. L’analisi della consistenza edilizia dimostra come le strutture Salesiani esistenti rimarchino il fronte sulla Statale 106 Jonica.
La costruzione su strada non genera una barriera ai flussi entranti nell’area ma al contrario sottolinea, mediante un ampio varco a piano terra, l’ingresso nell’isolato. Il nuovo intervento presenta un rapporto con la strada in linea con quello che avviene sulla statale 106: la nuova chiesa si attesta su viale Matteotti, aprendo un generoso passaggio coperto che consente una connessione forte col centro dell’isolato e con le strutture Salesiane esistenti.
La scelta di trattare analogamente i due affacci dell’area sulle principali arterie di traffico conferisce coerenza complessiva all’intervento, che pur composto da un sistema plurale di edifici aggregatisi nel corso del tempo diventa immediatamente riconoscibile come un insieme unitario.
L’incipit del lavoro è stato la definizione della posizione dell’aula liturgica rispetto a viale Matteotti: non troppo arretrata rispetto alla strada perché risultasse chiaramente percepibile a distanza. Il progetto prepara il fedele all’incontro comunitario attraverso una sistemazione pedonale su viale Matteotti che precede il centro parrocchiale per chi proviene dal centro di Locri.
Una lunga seduta parallela all’asse stradale costituisce il parapetto del parcheggio (54 stalli) posizionato alla quota dell’attuale piano di campagna, inferiore di circa un metro rispetto al sagrato. Tale soluzione sfrutta la depressione del terreno esistente rispetto alla via per nascondere gli autoveicoli alla vista di chi transita sull’asse carrabile.
La sistemazione del percorso pedonale di avvicinamento è arricchita inoltre da una serie di panche circolari che forniscono spazi di sosta alberati e ombreggiati che generano un interessante luogo di socializzazione nei pressi della nuova chiesa parrocchiale, contribuendo a una rigenerazione complessiva dell’area. Tale sistemazione culmina in un campanile di dimensioni consone al luogo, che rende chiara la destinazione del complesso e costituisce richiamo visivo e sonoro anche a distanza.
Riconoscibilità dell’edificio sacro – Profilo estetico, formale.
La nuova chiesa parrocchiale è un punto di riferimento non solo per la Comunità dei fedeli ma costituisce un elemento primario della città, luogo di ritrovo e socializzazione nel segno della condivisione e dell’accoglienza.
L’edificio, riconoscibile nel contesto urbano senza esprimere una forzata monumentalità, si arretra rispetto alla linea del costruito che dal centro di Locri si ripete in maniera serrata.
All’interno di questa logica lo spazio esterno di accesso è volumetricamente configurato in modo da evidenziare il senso di accoglienza della Chiesa Cattolica, materializzazione plastica di un sentimento di accettazione e amore. Tale articolazione volumetrica su viale Matteotti trasforma l’architettura in una sorta di abbraccio, luogo sicuro nel contesto urbano, protezione dal frastuono del vivere contemporaneo.
All’interno di questa logica la riconoscibilità dell’edificio Sacro è un aspetto fondamentale che non viene perseguito attraverso la spettacolarizzazione delle forme architettoniche, ma attraverso l’individuazione di pochi segni che dichiarano la pluralità di funzioni a cui il nuovo intervento è chiamato a rispondere.
Volumetrie semplici portano il fedele a identificare l’edificio dalla distanza, lasciando che l’immagine dello stesso si rafforzi avvicinandosi, e trovando nella prominente copertura a sbalzo del portico d’ingresso una prima soglia dove rasserenare lo spirito prima di entrare in chiesa.
Il complesso si compone, dal punto di vista volumetrico, di due elementi di base: una piastra che contiene i servizi (ufficio parroco, archivio, deposito, servizi igienici, sala polivalente) e la copertura dell’aula liturgica di forma ellittica che si innesta sopra di essa.
Il rapporto fra i due elementi che compongono questa architettura è carico di significato simbolico: la base, realizzata in parte con un rivestimento in pietra locale (Canolo: prodotta a Siderno) rappresenta il le-game con il suolo, con le vicine montagne e con la tradizione costruttiva delle lapidee chiese di Gerace. La pietra dell’Aspromonte scende a valle fino al mare e qui trova collocazione definitiva, come massi trasportati dalla corrente delle fiumare in piena nei periodi di pioggia.
L’articolata configurazione planimetrica della chiesa, rappresenta inoltre la multiforme varietà del genere umano. Sulla base in pietra si appoggia con leggerezza un ellisse in intonaco chiaro, arricchito da una croce metallica. L’ellisse esprime la presenza di Dio tra gli uomini. Comunità e Trascendente si sfiorano nell’aula liturgica che rappresenta il luogo dove l’assemblea riunita celebra Morte e Resurrezione di Cristo.
La conformazione a ellisse dell’aula si differenzia dalle volumetrie a parallelepipedo presenti nell’area e in un solo gesto dichiara, con tono chiaro ma non invadente, la propria presenza, quasi si trattasse di una costruzione da sempre esistita in questo luogo.
A completare la configurazione esterna interviene in ultimo, ma non per importanza, la corte alberata interna al complesso. Tale spazio rappresenta al contempo un luogo di stasi e di passaggio, protetto ed aperto alla città. Sulla corte affacciano sia l’aula liturgica che i servizi ad essa correlati come ufficio del parroco, sala polivalente e servizi.
La forma è realizzata mediante un’apertura circolare nella copertura che connette tra loro tutti gli edifici del complesso e consente di spostarsi da una parte all’altra proteggendo sia dalle piogge invernali che dalla calura estiva. Lo spazio coperto del sagrato prosegue fino al cuore del nuovo complesso, generando tra aula e sala polivalente un generoso spazio di relazione e sosta, dove i fedeli possono ritrovarsi prima e dopo le celebrazioni rafforzando il senso di comunità e dove il parroco avrà spazio a disposizione per celebrare Messa anche esternamente. Tale luogo, ritenuto di notevole importanza per la comunità, è arricchito da un’opera d’arte: la Sacra Famiglia.
Si ritiene infatti che posizionando l’opera all’interno dell’aula si rischierebbe una ripetizione dell’immagine Mariana con conseguente difficoltà di interpretazione della duplicità. Si è perciò optato per questa scelta che permette di dare il giusto valore all’opera che, posta esternamente, sarà realizzata in bronzo.
Impianto Liturgico
Una partecipazione piena e attiva dell’assemblea dei fedeli alla celebrazione è il fondamento nella definizione formale dell’aula. Il progetto mira costantemente all’unità dell’assemblea nello svolgimento della liturgia, affinché la chiesa si manifesti come un tutto compatto, simbolo dell’unità del popolo santo. In questo senso l’opera costruita si fa liturgia, vincolata ad un carattere cerimoniale non esclusivo dell’architettura, ma che attraverso la stessa può essere rappresentato.
Una forma che esprime con chiarezza i concetti sopra esposti è quella circolare. Al cerchio viene l’assemblea, punto iniziale del percorso di vita cristiana. Al fonte battesimale si scende mediante due gradini che simulano la discesa nel fiume Giordano. Questo luogo, riservato esclusivamente alla celebrazione del sacramento, è conformato in modo da poter svolgere, secondo le norme liturgiche, anche la celebrazione per immersione allagando la parte ribassata e una volta terminato sarà possibile svuotarlo attraverso un’apposita canalizzazione.
In alternativa, per una celebrazione classica, si procederà riempiendo solo il fonte battesimale, lasciando asciutto il piano ribassato di calpestio sul quale poggia il monolitico blocco del fonte. Una nicchia di forma circolare scavata nella muratura contiene gli oli Santi. La penitenzieria è speculare rispetto al fonte battesimale. In questo modo sarà possibile mettere in rilievo il significato della Penitenza come recupero della grazia battesimale, evidenziando il valore comunitario del sacramento attraverso la connessione con l’aula.
La penitenzieria, studiata come un luogo architettonico e non come un arredo giustapposto, è dotata di accorgimenti che favoriscano il colloquio tra fedele e ministro e permette la confessione contemporanea di due penitenti, attraverso due ambienti autonomi. La custodia eucaristica trova posto in un luogo significativo, distinto dall’aula ed al contempo visibile dalla stessa.
Il tabernacolo è unico, solido e inamovibile, realizzato con una base di marmo bianco venato e una sommità in ottone. Esso è accompagnato dalla lampada dalla fiamma perenne, segno di amore reso al Signore. Una serie di sedute sono predisposte all’intorno per la contemplazione e l’adorazione. All’interno dell’aula è posto il coro, in posizione tale da permettere un adeguato svolgimento del proprio compito e al contempo la piena partecipazione all’azione liturgica.
Oculatamente predisposto in relazione al coro l’armonium trova posizione consona al fine di accompagnare la celebrazione della liturgia.
Strettamente correlata all’azione liturgica l’illuminazione dell’aula ricopre un ruolo di alto significato sia durante la celebrazione che nei momenti di preghiera individuale.
Nell’aula infatti la narrazione non si limita alla memoria per mezzo della rappresentazione, ma il fatto si rende, in modo certamente misterioso, reale, attualizzandosi. Il dato della realtà, se da una parte fa risaltare la straordinarietà del fatto, dall’altra evidenzia la normalità della situazione in quanto il rito riproduce, anche se solennemente, una situazione “domestica”, familiare (l’Ultima cena) e quindi contemporaneamente ordinaria e straordinaria.
La luce, a tal proposito, risulta determinante nella resa di un ambiente “normale ed eccezionale”,“naturale e soprannaturale”,“storico e atemporale”.
L’illuminazione della chiesa come casa del popolo di Dio sarà perciò espressione di un ambiente confortevole e abitabile, in cui ci si incontra per ricordare un evento salvifico e gioioso. In ragione di ciò ogni polo liturgico è illuminato da un lucernario dedicato, di cui il principale si trova sopra l’area presbiterale e consente di illuminare efficacemente tutta l’aula inondando di luce l’etereo ellisse di copertura.
Un trattamento specifico della luce naturale è poi riservato alle opere d’arte: in corrispondenza delle immagini sacre, poste in aderenza alle murature perimetrali, sono studiati specifici lucernari che immettono nell’aula un’illuminazione soffusa e radente che consente di far risaltare le forme di Maria e San Giovani Bosco, oltre alla plasticità della via crucis.
Un particolare significato ricopre infine la luce naturale presente sul fondo dell’area presbiteriale: in questo specifico luogo l’illuminazione esprime un significato escatologico, che permette di trascendere i confini murari dell’edificio e di espandere l’aula verso l’infinito.
Cavejastudio
Cavejastudio è uno studio di architettura con sede a Forlì diretto da due associati, Filippo Pambianco e Alessandro Pretolani, laureati presso l’Università di Bologna, Facoltà di Architettura. Nel 2011 si incontrano e partecipano insieme al concorso per la realizzazione di una struttura protetta per minori con difficoltà a Trento, risultando primi classificati. Da qui parte la collaborazione che porta nel 2014 alla fondazione di Cavejastudio.
Le esperienze maturate nella ricerca e nella progettazione, che spaziano dalla scala urbana fino al dettaglio costruttivo, hanno conferito allo studio solide capacità gestionali su progetti complessi e di grandi dimensioni, pur mantenendo un’innata attenzione al carattere vernacolare dell’architettura. Numerosi ad oggi sono i riconoscimenti in concorsi Nazionali ed Internazionali di cui lo studio si può fregiare tra cui la vittoria nel 2015 del Concorso di progettazione per il centro Parrocchiale Beato Paolo VI a Forlì, la vittoria nel 2017 del concorso per la realizzazione del nuovo Istituto alberghiero Pellegrino Artusi di Riolo Terme (Ra) e la vittoria nel 2019 del concorso per la realizzazione della nuova sede amministrativa Orogel a Cesena, oltre ad altri numerosi premi e riconoscimenti.
Artuso Architetti Associati
Lo studio dell’Arch. Giovanni Artuso nasce alla fine degli anni 80 svolgendo inizialmente pre-valente attività di servizio per la clientela privata. Nel 2016 lo studio amplia il proprio organico e diventa Artuso Architetti Associati. Lo studio è diretto dai tre architetti costituenti l’associazione professionale (Arch. Giovanni Artuso, Arch. Fabrizio Artuso, Arch. Giandomenico Chirico), si avvale di progettisti interni e della collaborazione stabile di diversi professionisti, studi o società specializzate. Lo studio si occupa di progettazione architettonica, di restauri conservativi e ri-funzionalizzazione del patrimonio esistente, rilievi di dettaglio anche per l’archeologia ed il re-stauro, analisi ed ottimizzazione progettuale. Lo studio ha sede a Roma e Reggio Calabria.
arch. Fabrizio Artuso arch. Giandomenico Chirico Arch. Gianni Artuso
Chiesa di San Biagio vescovo e martire Locri Gruppo di lavoro:
Scheda composizione gruppo
Cavejastudio (Arch. Alessandro Pretolani, Arch. Filippo Pambianco)
Artuso Architetti Associati (Arch. Gianni Artuso, Arch. Fabrizio Artuso, Arch. Giandomenico Chirico)
Liturgista
Don Ugo Facchini
Artista
Leonardo Lucchi
Collaboratori
Arch. Adele Ricci
Arch. Emanuele Sabbatani
Beatrice Mazzotti