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Immaginifico architetto

arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini
Direttore Responsabile CHIESA OGGI

Arch. G. M. Jonghi Lavarini

L’architetto è una personalità complessa, immaginifica.
Infatti più personalità si intrecciano, si integrano nel suo essere architetto.
La ricerca dell’armonia, della bellezza nel trovare il giusto equilibrio fra il presente che condivide il futuro che si avvicina prepotente.
La ricerca del concreto, i suoi studi politecnici, lo fanno tecnico per dare soluzioni sostenibili, sicure, stabili, energeticamente positive. Ma non solo. L’ architetto deve essere creativo, deve trovare soluzioni nuove che sposano il presente che inesorabilmente si trasforma.

Il convegno-studio “Chiese non Più Chiese” proposto, partecipato all’Università Gregoriana -Roma, da S. Em. Cardinale Gianfranco Ravasi ci ha invitato a monitorare, sollecitare, riconoscere, individuare segnali forti di interesse e attenzione colti da colleghi architetti “sensori“ che sul proprio territorio, fertili e sensibili hanno riconosciuto, ritrovato, proposto alle proprie comunità, spazi silenti che una progettualità condivisa riporta a nuovi spazi protagonisti della civiltà del presente con tutta la forza di una tradizione e di costume risvegliata.
La chiesa, gli edifici di culto cristiano cattolici sono capillarmente diffusi su tutto il territorio.

Il nostro territorio, dalla piccola cappeletta solitaria del piccolo sentiero di montagna, alla splendida basilica che troneggia la piazza, che monumentalizza il paese, la città, la metropoli ancor più oggi diventa termometro strumento a servizio di una società che si trasforma, che con il suo essere documento di storia, di culto e di tradizioni integra una popolazione che deve riconoscersi, condividersi nel fare del presente e nel domani per le nuove sane generazioni.
Abbiamo selezionato due esempi significativi quali testimoni in questa nuova edizione di CHIESA OGGI.

Uno Scrigno che racconta un pezzo di storia della Chiesa di San Francesco del Prato a Parma. Il progetto di raccolta fondi per contribuire ai lavori di restauro si chiama “Liberiamo San Francesco del Prato”. E’ stato realizzato un cofanetto ecosostenibile che contiene una sezione ricavata dalle grate carcerarie, ottenute tagliando le sbarre in corrispondenza del punto di giuntura e che rappresenta il simbolo della “liberazione” della chiesa di San Francesco del Prato. L’oggetto, numerato, è alloggiato in un contenitore espositivo unitamente al certificato di autenticità oltre ad un opuscolo che racconta la storia della chiesa.

Due realtà a Parma e a Reggio Emilia scelte, anche in funzione dell’accreditamento prestigioso a livello nazionale di “Città della Cultura 2020”. Abbiamo selezionato, fra le diverse segnalazioni pervenute in redazione e vagliate in direzione, due realtà interagite da architetti “sensori“ che testimoniano concretamente come il presente protagonista diventa sempre più attuale se la creatività è positiva e virtuosa, e condivisa con la comunità reattiva del luogo.

Segnaliamo la Chiesa di San Francesco del Prato, XIII Sec.a Parma. Da secoli la chiesa di S. Francesco aspetta di ritrovare la sua realtà consacrata.
Il complesso di S.Francesco del Prato si trova a pochi passi dalla cattedrale e dal Battistero: un monumento di grande valore storico e culturale per le sue ardite linee architettoniche e per la sua parabola storica singolare, che oggi finalmente vuole tornare a vivere.
Ad una prima soppressione borbonica 1760, in seguito le dismissioni napoleoniche del 1800 la chiesa divenne carcere cittadino.
Grandi finestrate gotiche murate, più livelli di stanze chiuse in gabbie terribilmente inferriate.

Il controeditoriale di S. Ecc. Enrico Solmi, vescovo di Parma, ne sottolinea con l’entusiasmo della sua comunità diocesana un ritorno, un percorso nuovo, la rinascita consacrata, lo spazio orgogliosamente ritornato alla cittadinanza che riconoscente attende il fine dei lavori per questo nuovo anno 2020.

A Reggio Emilia, un ulteriore esempio altamente significativo.
S. Ecc. Massimo Camisasca promuove un virtuosissimo cambiamento di destinazione promosso dall’architetto Massimo Severi: il grande complesso del seminario diocesano diventerà università a beneficio della città e dell’Emilia e di tutti.

L’architetto Severi forte della sua competenza, sensibilità e attenzione territoriale, è riuscito a coinvolgere tutti gli organi istituzionali per coinvolgerli motivati in un progetto unico fortemente condiviso a servizio di oggi e al domani delle generazioni nuove, cittadine e non solo.

Reggio Emilia è una città ricca di storia, che può ospitare egregiamente a livello internazionale le nuove generazioni .

L’architetto, immaginifico, ha scelto una professione difficile, dove non solo la sensibilità, la creatività, il saper ascoltare il territorio, entusiasmarsi, deve essere anche “immaginifico rètore” per fare, ricevere risposte concrete dalla comunità che ne riconosce l’idea, il progetto, le nuove destinazioni, per fare dell’immaginifico una realtà.

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