S.E. Mons. Domenico Pompili,
vescovo di Verona
Dall’esperienza del percorso di ascolto e del concorso per la ricostruzione della chiesa parrocchiale di Nogara (VR) possiamo rilevare come realizzare oggi una chiesa sulle ceneri di un’altra sia un’esperienza di grande intensità che rimette al centro il significato del nostro essere Chiesa.. Non si tratta di un’opera soltanto architettonica, ma di un sussulto di coscienza. Tre sono, infatti, le parole che riassumono quanto vissuto insieme. La prima parola è partecipazione. La seconda è creazione. La terza è, appunto, costruzione.
La partecipazione, anzitutto.
I nomi iscritti sulle pareti e sulle vetrate della vecchia chiesa raccontano della partecipazione che fu anche se quella sperimentata in questi mesi è stata diversa. Non si è partiti da un progetto definito, ma dalla constatazione della crisi strutturale del precedente manufatto, immaginando un’altra chiesa che tenga nel debito conto come nel frattempo è cambiata la realtà di Nogara. La problematica della vecchia chiesa resa inagibile da una difficoltà strutturale ha fatto così nascere una partecipazione dal basso, attraverso un coinvolgimento diretto della comunità. Il processo decisionale è stato aperto a tutti, a partire dalla scelta, operata tramite una consultazione pubblica, di mantenere l’edificio esistente e ristrutturarlo oppure demolirlo e costruirne uno nuovo. E, di incontro in incontro, la partecipazione è continuata con la preparazione dei documenti di indirizzo al concorso di progettazione, permettendo a quanti hanno aderito di dare proprie indicazioni ai progettisti candidati a presentare la rispettiva proposta. Se la chiesa deve essere di tutti, infatti, è giusto che tutti possano contribuire ad idearla, in modo consapevole, informandosi prima di parlare e venendo ascoltati mentre parlano.
La seconda parola è creazione.
I diversi progetti che sono stati presentati non mancano di creatività e rappresentano una interessante galleria di idee architettoniche per il nostro tempo. Quando si costruisce ex novo non si può pensare di agire come se si tornasse indietro e si usassero principi, forme, tecniche, materiali, immagini del tempo che fu. L’obiettivo plausibile non può mai essere l’identico, ma l’autentico. Non si può ricostruire in maniera uguale: si negherebbe un principio di autenticità che non può essere tradito e alla fine l’opera risulterebbe antistorica. La Nogara di allora non è la Nogara di oggi e progettare la nuova chiesa è l’occasione di interpretare le dinamiche odierne e le relative sfide.
Una fra tutte: la sua eco-sostenibilità. L’arte senza dirlo appare così come un sismografo infallibile delle trasformazioni intercorse e non smette mai di interrogare su cosa questo tempo ci chieda.
Ci sono almeno due tematiche che emergono nella creazione della nuova chiesa. La prima è il rapporto che si stabilisce tra il “dentro” e il “fuori”, tra l’aula liturgica e lo spazio antistante. Questo rapporto viene reinterpretato nelle diverse soluzioni e si traduce progettualmente attraverso la ridefinizione del sagrato e l’invenzione di un nuovo cortile tra la nuova chiesa e le opere parrocchiali: la missione di una chiesa “in uscita”, accogliente, aperta al suo popolo.
La seconda tematica è la tensione tra dimensione orizzontale e verticale. La riduzione volumetrica degli spazi che è un’esigenza del nuovo rapporto tra fedeli ed aula liturgica spinge a declinare questa tensione giocando sulla luce. Il rito che nello spazio sacro è chiamato a realizzarsi trova in uno spazio più misurato, ma mosso dalle diverse declinazioni della luce, la possibilità di alludere alla fede che è intimità, vicinanza, luminosità.
La terza parola è costruzione.
Il percorso in atto ha avuto e avrà un ritmo intenso che ha impegnato e impegnerà molte persone e istituzioni, a partire dalla Conferenza episcopale italiana, passando per gli Uffici di Curia, la Parrocchia di Nogara e la relativa comunità cittadina, oltre ovviamente i tecnici coinvolti. È un percorso che, per costruire, parte dal demolire. Occorrerà tenere in debito conto l’elaborazione del lutto e valorizzare tutto quanto possibile venga recuperato e reimpiegato nella nuova chiesa. Nella fede, come nella vita, tuttavia, non si vive di rendita: ogni generazione deve riappropriarsi della sua eredità e per Nogara l’impegno a costruire ex novo la propria chiesa è un segno e una prova di tale vitalità. Credere, infatti, non consiste mai “nell’adorare le ceneri” del passato, ma “nel custodire il fuoco” del futuro. Si richiede, dunque, un’azione di fedeltà creativa perché la luce riflessa della comunità ecclesiale possa continuare ad indicare a tutti “la luce delle genti” che è Gesù Cristo. A questo alla fine serve una chiesa. Una chiesa come quella che sorgerà al centro di Nogara per additare a tutti il “Padre Nostro”, cui è dedicato il nuovo tempio della Città.
Per approfondire leggi l’articolo –>
Il progetto vincitore del concorso per il nuovo complesso parrocchiale di Nogara (VR)